
“Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico che questo bue muggirà così forte che il suo muggito risuonerà in tutto il mondo”. Non si sbagliava Sant’Alberto Magno, suo maestro. Con queste parole, lo difese dai suoi compagni di studi, che a causa del suo carattere taciturno e apparentemente non brillante, gli avevano dato quel soprannome.
Imprigionato dai familiari per essersi fatto frate predicatore
Tommaso ero nato dai conti d’Aquino, nel castello di Roccasecca, Basso Lazio, legati da vincoli di parentela con l’imperatore Federico II. Il padre Landolfo lo voleva abate del Monastero di Montecassino pensando di assecondare insieme l’indole timida e gentile del figlio e i suoi disegni politici, ma Tommaso a Napoli volle farsi frate domenicano, rifiutando ogni ambizione e scegliendo appunto un Ordine mendicante. Una scelta sconvolgente per il suo casato. Due fratelli lo imprigionarono. Fu tenuto in una cella. Proverbiale per la sua indole pacifica, si inquietò però moltissimo quando fecero entrare nella stanza una prostituta per farlo desistere dalla sua vocazione, tanto che afferrò un tizzone ardente facendola fuggire. Alla fine sembra sia riuscito a scappare calandosi in una grande cesta grazie all’aiuto delle sorelle.
Un intellettuale innamorato di Dio
Fu quindi mandato a Colonia, dove approfondì l’aristotelismo con Sant’Alberto Magno, poi a Parigi dove insegnò all’Università non senza difficoltà con il clero secolare. Tornato in Italia, intensificò lo studio di Aristotele grazie alle traduzioni di un confratello e compose il noto Inno legato alla festa del Corpus Domini, il “Pange lingua”. Iniziò a scrivere il suo “capolavoro”, la Summa theologiae, con le cinque vie per dimostrare l’esistenza di Dio. Centrale nel suo lavoro la fiducia nella ragione e nei sensi, la filosofia è ancella della teologia ma la fede non annulla la ragione. Amava lo studio e non è difficile immaginare che la sua sterminata produzione filosofico-teologica fece scalpore fra i teologi contemporanei. Ma un giorno, il 6 dicembre del 1273, Tommasodisse al suo confratello Reginaldo di non voler scrivere altro: “Non posso perché tutto quello che ho scritto è come paglia per me in confronto a ciò che mi è stato rivelato”. Secondo alcuni biografi, a precedere tale decisione, un colloquio mistico con Gesù. Poi si ammalò e nel 1274, nel viaggio per Lione, dove Papa Gregorio X lo aveva voluto per il Concilio, morì presso l’abbazia di Fossanova. Aveva solo 49 anni.
San Tommaso letto da Chesterton: la riconciliazione fede-ragione
A lui il celebre scrittore inglese G. K. Chesterton, con la sua acutezza, ha dedicato un noto saggio. Tommaso – scrive Chesterton – “ha riconciliato la religione con la ragione, estendendola al campo della scienza sperimentale, che ha affermato che i sensi sono le finestre dell’anima e che l’intelletto aveva il diritto di alimentarsi di fatti concreti”. Per Chesterton, sia San Tommaso sia San Francesco sono stati iniziatori di un grande rinnovamento del cristianesimo dall’interno e centrale per loro è stata l’Incarnazione: “Diventarono più ortodossi nel momento in cui diventarono più razionalisti o più vicini alla natura”.
IL PENSIERO DI SAN TOMMASO
Uomo di fede e grande pensatore, San Tommaso d'Aquino diede vita a quello che viene chiamato tomismo, ed è considerato l'esponente più importante della filosofia scolastica nonché uno dei più grandi teologi cristiani.
Varie le sue opere e i suoi trattati sugli argomenti più disparati; tra le più importanti vi sono certamente la Summa Contra Gentiles, attraverso la quale cerca di convincere gli intellettuali musulmani della verità del cristianesimo, e la Summa theologiae, rimasta incompiuta. Essa tratta di Dio, della creazione e dell'azione umana.
Alla base del suo pensiero troviamo la non contraddizione tra fede e ragione, che possono coesistere ed anzi supportarsi l'un l'altra. Se la prima infatti eleva quest’ultima alla certezza e alla perfezione, attraverso la ragione possiamo spiegare e rendere accessibili le verità della fede, difendendola dalle critiche e dalle obiezioni.
In pratica sia filosofia che teologia parlano dello stesso Dio ma in maniera diversa. La filosofia risale dal basso, dalla creazione, la teologia discende dall'alto, da Dio, entrambe radicate nella loro verità si sostengono a vicenda.
Tra tutti i suoi insegnamenti, molti dei quali riprendono quelli di Aristotele, ci soffermiamo proprio sulla dimostrazione dell'esistenza di Dio attraverso cinque vie:
la prova cosmologica, che riprende il principio aristotelico secondo cui tutto ciò che si muove è mosso da altro; dovendo dunque individuare un primo motore immobile, esso non può che essere Dio.
La prova causale: se ogni fenomeno ha una causa, da questa concatenazione si risale alla causa prima identificata con Dio;
la prova del contingente e del necessario, che individua in Dio quel qualcosa di necessario da cui tutte le cose non necessarie discendono,
la via dei gradi di perfezione: la qualità ha vari gradi di perfezione, e in Dio risiedono i più alti;
e infine la prova della finalità delle cose: tutto in natura mostra di avere un suo fine ed ordine, ci deve essere una intelligenza superiore a stabilirlo.
Nel campo della teologia Tommaso fa una distinzione tra teologia naturale, che cerca di approdare a Dio attraverso l’utilizzo della ragione nell’osservazione e nella comprensione della creazione, e teologia rivelata, che si rivolge direttamente a Dio attraverso la fede.
Per quanto riguarda l'anima, immortale in quanto immateriale e quindi incorruttibile, egli sostenne che fosse indipendente dal corpo e derivante direttamente da Dio.
Come sostenne che tutti gli esserei viventi siano guidati da una “legge morale”, secondo la propria natura. Nelle creature definite irragionevoli essa si manifesta col carattere della necessità e ineluttabilità, in quelle ragionevoli invece esiste il libero arbitrio, la libertà di scelta sebbene l'individuo, una volta capito dove è il bene, tende naturalmente verso di esso. L'uomo, insomma, ha un'attitudine innata fare il bene e fuggire il male.
Ma il pensiero di una mente tanto eccelsa ha spaziato in vari ambiti, e non poteva non chiedersi cosa sia la felicità e come raggiungerla, approdando quasi nell'economia. Ad esempio se da un lato, asseriva, il commercio è necessario, dall'altro cercare l'arricchimento a scapito degli altri è sbagliato; la condivisione evita i conflitti e le diseguaglianze. Anche perché in fondo tutto appartiene a Dio, non a noi.
Lauda Sion Salvatorem
Nel 1264 San Tommaso compone "Lauda Sion Salvatorem" una sequenza liturgica scritta su richiesta di Papa Urbano IV, per la festa del Corpus Domini. Questo inno celebra l'istituzione dell'Eucaristia e riflette la dottrina cattolica della transustanziazione, affermando la presenza reale di Cristo nel pane e nel vino consacrati.
Il testo latino inizia con le parole:
Lauda Sion Salvatorem,
Lauda ducem et pastorem,
In hymnis et canticis.
Una traduzione italiana delle prime righe è:
Loda, Sion, il Salvatore,
Loda il tuo capo e pastore,
Con inni e cantici.
La sequenza è tradizionalmente eseguita durante la Messa del Corpus Domini ed è considerata una delle quattro sequenze medievali preservate nel Messale Romano dopo il Concilio di Trento, insieme a "Victimae paschali laudes", "Veni Sancte Spiritus" e "Dies irae".
FRASI FAMOSE
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Amare è volere il bene di qualcuno.
(Amare est velle bonum alicuius) -
E’ meglio illuminare gli altri che brillare solo per se stessi.
(Maius est illuminare quam lucere solum) -
Le cose che amiamo ci dicono quello che siamo.
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Per colui che ha fede, non servono spiegazioni. Per colui che non ha fede, nessuna spiegazione è possibile.
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La perfetta beatitudine è naturale soltanto per Dio, per il quale essere ed essere beato sono la stessa cosa.
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Tre cose sono necessarie per raggiungere la salvezza di un uomo: sapere cosa deve credere, sapere cosa deve desiderare e sapere cosa deve fare.
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Non c’è niente su questa terra più apprezzato della vera amicizia.
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Dio “è”, non potrebbe non essere, esiste per se stesso, non è suscettibile di alcun cambiamento.
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La santità non consiste nel sapere molto o meditare molto; il grande segreto della santità consiste nell’amare molto.
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Chiunque vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò.
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