I Santi non hanno dubbi: Maria è Corredentrice

La Corredenzione di Maria è dottrina cattolica certa. Una dottrina radicata nelle Sacre Scritture (dalla Genesi all'Apocalisse) e implicita nell’approfondimento teologico già dei primissimi Padri della Chiesa, come san Giustino e sant’Ireneo, sul ruolo di Maria quale «nuova Eva», specialissima cooperatrice alla Redenzione di Gesù Cristo, il «nuovo Adamo» delle lettere paoline.

Se è vero che le obiezioni di alcuni teologi sono basate sul termine«Corredentrice», può essere d’aiuto ricordare che questo stesso termine è stato usato esplicitamente da una schiera formidabile di santi, beati, venerabili e servi di Dio, compresi alcuni Papi del nostro tempo. Tra queste anime predilette ci sono inoltre grandi mistiche, come santa Veronica Giuliani e la serva di Dio Luisa Piccarreta.

Partiamo proprio da uno degli scritti della Piccarreta, perché le parole dette da Gesù stesso sulla pia pratica delle “Ore della Passione” sono rivelatrici: «Figlia mia, sappi che col fare queste “Ore” l’anima prende i miei pensieri e li fa suoi, la mia riparazione, le preghiere, i desideri, gli affetti, anche le più intime mie fibre e le fa sue, ed elevandosi tra Cielo e la terra, fa il mio stesso ufficio, e come corredentrice dice assieme a Me: Ecce ego, mitte me […]».

È chiaro che se questo vale per ogni anima che si unisce alla Passione di Cristotanto più vale per la creatura eletta a essere Madre di Dio e misticamente di tutti i Suoi figli. Lo ha spiegato tra gli altri un pontefice che per ben sei volte, nel suo magistero ordinario, si è riferito a Maria Santissima come Corredentrice: san Giovanni Paolo II. «La collaborazione dei cristiani alla salvezza - diceva Wojtyla nel 1997 - si attua dopo l’evento del Calvario, del quale essi si impegnano a diffondere i frutti mediante la preghiera e il sacrificio. Il concorso di Maria, invece, si è attuato durante l’evento stesso e a titolo di Madre; si estende quindi alla totalità dell’opera salvifica di Cristo. Solamente Lei è stata associata in questo modo all’offerta redentrice che ha meritato la salvezza di tutti gli uomini». In un’omelia del 31 gennaio 1985, il Papa polacco aveva parlato della Madonna come «spiritualmente crocifissa con il Figlio crocifisso» e aggiunto che «il ruolo corredentore di Maria non cessò con la glorificazione del Figlio», ma continua «nella Chiesa di tutti i tempi».

L’apice raggiunto sul Calvario si rileva anche nelle parole della Beata Vergine trascritte sempre dalla Piccarreta: «[…] Troppo mi costano le anime, mi costano la vita d’un Figlio-Dio; ed io, come Corredentrice e Madre, le lego a te, o croce», si legge nell’Orologio della Passione. È noto che questo manoscritto era stato letto da san Pio X, che lo aveva ricevuto da sant’Annibale Maria di Francia, a cui il Papa aveva ordinato: «Fai subito dare alle stampe L’Orologio della Passione della Piccarreta. Leggetelo in ginocchio, perché è Nostro Signore che parla!». Oltre all’imprimatur di questo libro, frutto di rivelazioni celesti, sotto papa Sarto fu introdotto, in documenti delle congregazioni vaticane, il termine «Corredentrice», usato per tre volte, dal 1908 al 1914, in riferimento alla liturgia per la Festa dei Dolori di Maria e alla concessione di indulgenze per la recita di preghiere legate a Maria Corredentrice.

Da quanto accennato, è evidente che la plurisecolare pietà cristiana e il significato teologico della Madonna Addolorata sono un tutt’uno con la dottrina della Corredenzione mariana. Non si può non ricordare al riguardo il carisma di un eccelso devoto di Maria, san Gabriele dell’Addolorata. Il giovane santo, un passionista, scriveva che la Vergine «ci partorì sul Calvario», definiva la partecipazione ai suoi dolori «il mio Paradiso» e più volte la chiamò nelle sue lettere «Corredentrice».

Tra i nati nel medesimo secolo, il XIX, di san Gabriele, adoperarono lo stesso termine: il grande convertito inglese, san John Henry Newman, il grande convertito italiano e instancabile apostolo del Rosario, beato Bartolo Longo, l’arcivescovo di Milano, beato Ildefonso Schuster, il fondatore delle Edizioni Paoline, beato Giacomo Alberione, il fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, san Luigi Orione, la fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, santa Francesca Saverio Cabrini, e molti altri ancora. In particolare “Mother Cabrini”, come la chiamarono gli italoamericani, scriveva che alla Vergine «toccò il vanto di dare la vita al nostro Redentore; ad essa, come ben disse il nostro Santo Padre [Pio X, ndr], toccò insieme l’ufficio di custodire e preparare al sacrificio la sacra vittima del genere umano. Maria fu Madre di Gesù non solo nelle gioie di Betlemme, ma ancor più sul Calvario… ed ivi meritò di divenire degnissimamente la Corredentrice».

Ricchissimo è l’insegnamento sulla Corredenzione di un innamorato dell’Immacolata e martire dei campi nazisti, san Massimiliano Maria Kolbe. Meditando sul compimento del peccato originale da parte dei nostri progenitori e sul profetico passo della Genesi (Gn 3,15), padre Kolbe scrisse: «[…] fin da quel momento Dio promette un Redentore e una Corredentrice dicendo: “Porrò inimicizia fra te e la donna, fra il tuo seme e il suo seme: Ella ti schiaccerà la testa”». Un’altra martire del nazismo, santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, compatrona d’Europa, affermava che «Maria esce dall’ordine naturale e si pone come Corredentrice al fianco del Redentore».

San Pio da Pietrelcina la chiamava «nostra sì cara Corredentrice» e «Regina dei martiri» (una delle invocazioni nelle Litanie Lauretane), san Josemarίa Escrivá spiegava mirabilmente il nuovo titolo legandolo allo “stare” della Madre iuxta crucem e ai suoi dolori per il sacrificio del Figlio, san Leopoldo Mandic si era proposto addirittura di scrivere un trattato sulla Corredenzione ma non poté per il moltissimo tempo dedicato al sacramento della Confessione: ciò non gli impedì, comunque, di fare un atto di offerta di tutto sé stesso per la ricomposizione dello scisma con l’Oriente «in ossequio alla Corredentrice del genere umano». Per almeno otto volte, nei suoi scritti, suor Lucia di Fatima usò il termine Corredentrice, spiegando tra l’altro che chiamiamo la Santa Vergine «Nostra Signora dei dolori, perché nel suo cuore ha sofferto il martirio di Cristo, con Lui e accanto a Lui».

 

AMSTERDAM, È IL CIELO A VOLERE IL DOGMA

Questa panoramica, per nulla esaustiva, sulle anime del Paradiso dà insomma un’idea di quale sia il sensus fidei riguardo a Maria Corredentrice. Ricordiamo pure che è stata Lei stessa a chiedere - nelle apparizioni di Amsterdam alla veggente Ida Peerdeman - la proclamazione di un quinto dogma mariano, quale «Corredentrice, Mediatrice e Avvocata». Nei messaggi che si accompagnarono alle apparizioni (1945-1959), riconosciute nel 2002 dal vescovo Joseph Punt, la Madonna chiese di lavorare e pregare per il dogma, profetizzando che tra quelli a Lei riferiti sarà «l’ultimo» e il «più grande».

In diversi messaggi la Madre celeste spiegò le ragioni del dogma e come si legasse a tutti i misteri della sua vita terrena e conseguente Assunzione. Si soffermò anche sull’uso appropriato del titolo: «… il nuovo dogma dovrà essere il dogma della Corredentrice. Nota che pongo l’accento specialmente su “Co”. Ho già detto che ne nasceranno molte dispute. Te lo ripeto nuovamente: la Chiesa, Roma, lo porterà a compimento e lotterà per esso. La Chiesa, Roma, incontrerà opposizioni e le supererà. La Chiesa, Roma, diventerà più vigorosa e più forte, nella misura in cui affronterà la disputa. […] Poiché il Padre, il Figlio, lo Spirito vuole portare in questo mondo quale Corredentrice e Avvocata colei che fu scelta per recare il Redentore».

La Vergine dettò solennemente una preghiera e volle che la diffusione della sua immagine quale Signora di tutti i Popoli precorresse la definizione dogmatica. Sempre Lei spiegò in modo particolareggiato l’immagine: la Madonna appare ritta davanti alla Croce e con i piedi sul globo, libero dalle spire del serpente satanico. Diretti verso una moltitudine di pecore, tre raggi fuoriescono dalle ferite nelle sue mani, «i raggi di Grazia, Redenzione e Pace», doni del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Spirito Santo che sarà inviato in abbondanza sul mondo con il ritorno dei popoli alla Croce e la proclamazione del dogma: tappa che diversi teologi vedono come l’inizio del trionfo del Cuore Immacolato di Maria.

Concludiamo con le parole che Madre Teresa di Calcutta, dopo aver esposto in modo breve e limpido il perché di ognuno dei tre titoli, scrisse in una risposta autografa del 14 agosto 1993: «La definizione papale di Maria come “Mediatrice, Corredentrice e Avvocata” porterà grandi grazie alla Chiesa». Come insegnano i santi: tutto a Gesù per Maria.

 

(Alcune riflessioni tratte dal sito : La Bussola Quotidiana)

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L’atto solenne di consacrazione all’Immacolata scritto e spiegato da San Massimiliano Kolbe

Come ci si può consacrare «in proprietà» alla Vergine Immacolata? Ecco le indicazioni che dava padre Kolbe:

1. Con un atto della volontà emesso una volta e non revocato. Si possono usare anche parole, brevi formule.
2. È bene rinnovare personalmente tale atto di consacrazione a lei, affinché divenga sempre più autentico.
3. Anche se apparteniamo già a lei, tuttavia, quando vi sono faccende più importanti, è bene donargliele in proprietà (pur essendo noi già proprietà sua), anche con la sola invocazione: «Maria». In caso di difficoltà, offrire pure questa in proprietà dell’Immacolata, con l’invocazione «Maria»; la rimuova, la lasci stare, la riduca o la accresca come le piace. Conclusa la faccenda, sempre mediante l’invocazione «Maria», ella la purifica, ripara ciò che vi è di male e la offre al sacratissimo cuore di Gesù quale sua offerta personale. Gesù, a sua volta, per i meriti infiniti del suo sangue preziosissimo, eleva tale azione ad un valore infinito; la offre all’eterno Padre quale dono degno della maestà infinita. In questo modo tale nostra azione diviene una volontaria offerta del nostro cuore, dell’Immacolata e di Gesù presentata a Dio uno e trino.
4. È bene altresì concludere un accordo con lei, in base al quale, anche se ci dimenticassimo di offrirle qualsiasi cosa, l’impegno che usiamo nel compierla bene sia già da solo un segno che la facciamo per lei.
5. Quando la distrazione distoglie l’attenzione, il ritorno immediato, ma sereno, a ciò che si sta facendo, sia un segno che l’azione è per lei.
6. Quando l’orgoglio sussurra: «la gente ti loda», sforzati di operare ancora meglio e questo sia un segno che ciò che fai è per lei

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L’ATTO DI CONSACRAZIONE ALL’IMMACOLATA

Noi ci possiamo consacrare all’Immacolata in vari modi e questa consacrazione noi la possiamo formulare con diverse parole, anzi è sufficiente perfino un atto interiore della volontà, poiché in questo appunto è racchiusa l’essenza della nostra consacrazione all’Immacolata. Per maggior comodità, tuttavia, esiste una breve formula composta da San Massimiliano Kolbe. Ecco:

1. O Immacolata, Regina del cielo e della terra, rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima, cui Dio volle affidare l’intera economia della misericordia, 2. io, indegno peccatore, mi prostro ai tuoi piedi supplicandoti umilmente di volermi accettare tutto e completamente come cosa e proprietà tua, e di fare ciò che ti piace di me e di tutte le facoltà della mia anima e del mio corpo, di tutta la mia vita, morte ed eternità. 3. Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso senza alcuna riserva, per compiere ciò che è stato detto di te: «Ella ti schiaccerà il capo» (Gn 3,15), come pure: «Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero» (ufficio della B.V. Maria), affinché nelle tue mani immacolate e misericordiosissime io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare il più fortemente possibile la tua gloria in tante anime smarrite e indifferenti e per estendere, in tal modo, quanto più è possibile il benedetto regno del sacratissimo cuore di Gesù. Dove tu entri, infatti, ottieni la grazia della conversione e della santificazione, poiché ogni grazia scorre, attraverso le tue mani, dal cuore dolcissimo di Gesù fino a noi.
V. – Concedimi di lodarti, o Vergine santissima.
R. – Dammi forza contro i tuoi nemici.

Come si vede – e lo abbiamo fatto rilevare ponendo dei numeri – quest’atto di consacrazione consta di tre parti: 1. un’invocazione, 2. una domanda affinché ella voglia accettare in proprietà colui che a lei si consacra; 3. una domanda affinché ella voglia servirsi del consacrato per conquistare altre anime a sé. Pertanto, è molto interessante riflettere sul commento che lo stesso padre Kolbe ne fa. Lo riproduciamo seguendo l’ordine suddetto.

1. INVOCAZIONE

Nella invocazione diciamo innanzitutto:

«O Immacolata».

Noi ci rivolgiamo a lei con questo titolo, poiché ella stessa a Lourdes volle presentarsi con questo nome: Immacolata Concezione […]. Tutte le altre persone sono una concezione, macchiata tuttavia dal peccato. Unicamente lei è non solo concepita, ma Concezione e per di più Immacolata. Questo nome contiene molti altri misteri che col tempo saranno svelati. Esso indica, infatti, che l’Immacolata Concezione appartiene in certo qual modo all’essenza dellTmmacolata. Questo nome deve esserle caro, poiché indica la prima grazia ricevuta nel primo istante della sua esistenza, e il primo dono è sempre il più gradito. Questo nome, poi, si è realizzato lungo tutta la sua vita, poiché ella è stata sempre senza peccato. Perciò fu altresì piena di grazia e Dio fu con lei (Le 1,28) sempre e fino al punto che ella divenne la Madre del Figlio di Dio.

«Regina del cielo e della terra».

In una famiglia i genitori che amano i loro figli appagano, nei limiti delle loro possibilità, i desideri dei loro bambini, purché tali desideri non siano loro di danno. Tanto più Dio, creatore e prototipo dei genitori terreni, vuole soddisfare la volontà delle sue creature, purché questa non rechi loro danno, vale a dire a condizione che tale volontà sia conforme alla sua volontà. L’Immacolata non si scostò mai in nulla dalla volontà divina.

«Rifugio dei peccatori».

Dio è misericordioso, infinitamente misericordioso, tuttavia è pure giusto, infinitamente giusto, così che non può tollerare neppure il più piccolo peccato e deve esigerne la completa riparazione. La dispensatrice del preziosissimo sangue di Gesù, che ha un valore infinito e che lava questi peccati, è la misericordia divina personificata nell’Immacolata. A buon diritto, quindi, noi la invochiamo Rifugio dei peccatori, dei grandi peccatori, anche se i loro peccati fossero i più gravi e i più numerosi possibile, anche se essi avessero l’impressione di non meritate mai più misericordia. Certamente ogni purificazione dell’anima è per lei una nuova conferma del suo titolo di Immacolata Concezione, e quanto più un’anima è sprofondata nei peccati, tanto più si manifesta la potenza della sua immacolatezza che rende tale anima pura come la neve.

«Madre nostra amorosissima».

L’Immacolata è la madre di tutta la nostra vita soprannaturale poiché è la mediatrice delle grazie, anzi la madre della grazia divina, perciò è nostra madre nella sfera della grazia, nella sfera soprannaturale. È, inoltre, una madre amorosissima, poiché tu non hai una madre così amante, così amorevole, così di Dio, come l’Immacolata, tutta divina.

«Cui Dio volle affidare l’intera economia della misericordia».

In una famiglia talvolta il padre si rallegra allorché la madre, con un proprio intervento, trattiene la sua mano che vorrebbe castigare il figliolo, poiché in tal caso vien data soddisfazione alla giustizia e si manifesta pure la misericordia. Non è senza ragione, infatti, che la giustizia viene sospesa. Allo stesso modo anche Dio, per non castigarci, ci offre una madre spirituale, alla cui intercessione non si oppone mai. Ecco perché i santi affermano che Gesù ha riservato a sé l’economia della giustizia, per affidare all’Immacolata l’intera economia della misericordia. In ogni cosa amò la volontà divina, amò Dio, perciò giustamente è chiamata: onnipotenza supplice; esercita la propria influenza su Dio stesso, sull’universo intero, è la regina del cielo e della terra […]. Ella desidera, e ne ha diritto, di essere riconosciuta spontaneamente da ogni cuore, di essere amata quale regina di ogni cuore, affinché questo cuore sia purificato sempre più attraverso lei, divenga immacolato, simile al suo cuore e sempre più degno dell’unione con Dio, con l’amore di Dio, con il sacratissimo cuore di Gesù.

2. DOMANDA AFFINCHÉ ELLA VOGLIA ACCETTARE IN PROPRIETÀ COLUI CHE A LEI SI CONSACRA

Nella seconda patte dell’atto di consacrazione noi diciamo:

«Io, indegno peccatore».

Riconosciamo di non essere immacolati come lei, ma peccatori. Tanto più che nessuno di noi potrebbe affermare di trascorrere una sola giornata senza commettere alcun peccato, ma si sente colpevole di molte infedeltà. Diciamo pure indegno, poiché, in effetti, tra l’Immacolata e una persona contaminata dal peccato vi è, in certo qual modo, una differenza infinita. Perciò, con tutta verità noi ci riconosciamo indegni di rivolgerci a lei, di pregarla, di cadere ai suoi piedi per chiederle di non diventar simili al superbo Lucifero.

Per questo motivo noi diciamo pure:

«Mi prostro ai tuoi piedi supplicandoti umilmente di volermi accettare tutto e completamente come cosa e proprietà tua».

Con queste parole noi preghiamo, supplichiamo l’Immacolata di volerci accogliere e ci offriamo a lei completamente e sotto ogni aspetto quali suoi figli, suoi schiavi d’amore, suoi servi, suoi strumenti, sotto ogni aspetto, sotto ogni denominazione che qualsiasi persona in qualunque tempo potrebbe ancora formulare. E tutto questo come cosa e proprietà a sua completa disposizione, perché ella si serva di noi e ci sfrutti fino alla nostra completa consumazione.

«E di fare ciò che ti piace di me e di tutte le facoltà dell’anima mia e del mio corpo, di tutta la mia vita, motte ed eternità».

A questo punto noi consegniamo a lei tutto il nostro essere, tutte le facoltà dell’anima, vale a dire l’intelletto, la memoria e la volontà; tutte le facoltà del corpo, cioè tutti i sensi e ciascuno singolarmente, le forze, la salute o rìnfermità; consegniamo a lei l’intera nostra vita con tutte le sue vicende piacevoli, tristi o indifferenti. Consegniamo a lei la nostra morte, in qualsiasi momento, luogo e modo essa ci capiterà. Le consegniamo perfino tutta la nostra eternità. Anzi, noi abbiamo la ferma speranza che solo in paradiso potremo appartenere a lei in un modo incomparabilmente più perfetto. In questa maniera noi formuliamo il desiderio e la preghiera di permetterci di diventare sempre più perfettamente suoi sotto ogni aspetto.

3. DOMANDA AFFINCHÉ ELLA VOGLIA SERVIRSI DEL CONSACRATO PER CONQUISTARE ALTRE ANIME A SÉ

Nella terza parte dell’atto di consacrazione la supplichiamo:

«Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso senza alcuna riserva, per compiere ciò che è stato detto di te: “Ella ti schiaccerà il capo”, come pure: “Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero”».

Nelle statue e nei quadri dell’Immacolata vediamo sempre ai suoi piedi un serpente che avvolge il globo terrestre tra le sue spire e al quale ella, con il piede, schiaccia il capo. Egli, satana, macchiato di peccato, si sforza di insozzare con esso tutte le anime sulla terra, odia colei che è stata sempre immacolata. Pone insidia al calcagno di lei nei suoi figli, ma nella lotta con lei ella gli schiaccia sempre il capo in ogni anima che a lei ricorre. La preghiamo di volersi servire anche di noi, se vuole, come di uno strumento per schiacciare nelle anime infelici l’orgogliosa cervice del serpente. Continuando il versetto già riportato, la Sacra Scrittura aggiunge: «E tu porrai insidie al suo calcagno», e in effetti lo spirito del male insidia in modo particolare coloro che si consacrano all’Immacolata, poiché vuole offenderla almeno in essi. Tuttavia i suoi tentativi contro le anime sinceramente consacrate finiscono sempre in una sconfitta ancor più ignominiosa; perciò il suo furore impotente diviene ancor più violento. Le parole: «Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero», sono tratte dall’ufficio divino che la chiesa impone ai sacerdoti di ripetere a lei. La chiesa parla di eresie, non di eretici, perché ella, Maria, li ama e proprio per questo amore desidera liberarli dall’errore dell’eresia. Dice ancora: tutte, senza alcuna eccezione. Tu sola, poiché basta lei; Dio, infatti, appartiene a lei con tutti i tesori di grazia, grazie di conversione e di santificazione delle anime. Sul mondo intero: nessun angolo della terra qui è escluso. In questo tratto dell’atto di consacrazione noi la supplichiamo di volersi servire di noi per distruggere tutto il corpo del serpente, vale a dire le più diverse eresie che tengono avvinto il mondo.

«Affinché nelle tue mani immacolate e misericordiosissime io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare il più fortemente possibile la tua gloria in tante anime smarrite e indifferenti».

Sulla terta noi vediamo tante anime infelici, traviate, che non conoscono neppure lo scopo della loro vita, che amano diversi beni caduchi anziché runico bene, Dio. Molte di esse, inoltre, sono indifferenti nei confronti dell’amore più sublime. Noi desideriamo «innestare e incrementare il più fortemente possibile la gloria» dell’Immacolata in queste anime e la supplichiamo di renderci strumenti utili nelle sue mani immacolate e misericordiosissime, di non permetterci di opporci a lei; di costringerci pure con la forza, qualora non volessimo ascoltarla.

«Per estendere, in tal modo, quanto più è possibile il benedetto Regno del sacratissimo cuore di Gesù».

Il sacratissimo cuore di Gesù è l’amore di Dio verso gli uomini. Il suo regno è il dominio di questo amore nelle anime degli uomini, amore che Gesù manifestò nel presepio, lungo tutta la vita, sulla croce, nell’eucaristia e nel darci per madre la sua stessa Madre; inoltre egli desidera accendere questo amore nei cuori degli uomini. Innestare e incrementare la gloria dell’Immacolata, conquistare anime a lei, vuol dire conquistare anime alla madre di Gesù, la quale introduce in esse il regno di Gesù.

«Dove tu entri, infatti, ottieni la grazia della conversione e della santificazione, poiché ogni grazia scorre, attraverso le tue mani, dal cuore dolcissimo di Gesù fino a noi».

L’Immacolata è la Onnipotenza supplice. Ogni conversione ed ogni santificazione è opera della grazia, ed ella è la mediatrice di tutte le grazie…

«Concedimi di lodarti, o Vergine santissima; dammi forza contro i tuoi nemici».

Nella prima parte di questa preghiera, Duns Scoto si rivolge alla Madre di Dio e le chiede la grazia di poterla lodare, poiché riconosce di essere grandemente indegno di un’opera così sublime, qual è la glorificazione della Madonna. Riconosce, altresì, che tale grazia dipende da lei e che è sufficiente che ella gliela conceda, perché il successo possa coronare i suoi sforzi. La seconda parte è forte, risoluta, coraggiosa. Egli chiede la forza per sconfiggere il serpente, per essere uno strumento nella mano di lei. Ma chi è il nemico dell’Immacolata? E tutto ciò che è macchiato di peccato, che non conduce a Dio, che non è amore; è tutto ciò che è prodotto dal serpente infernale, il quale è la menzogna personificata: tutti i nostri difetti, quindi, tutte le nostre colpe. La preghiamo di darci forza cóntro di essi. Soltanto per questo, infatti, vi sono tutte le devozioni, per questo vi è la preghiera, per questo vi sono i santi sacramenti, vale a dire per ottenere la forza di superare gli ostacoli che si frappongono nel nostro cammino verso Dio in un amore sempre più ardente, nel divenire simili a Dio, nell’unirsi con Dio stesso.

 

Fonte: tempidimaria.com

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LA SALETTE (1846): l’Apparizione, il Messaggio, le Polemiche, i Segreti

La presenza della Madonna tra noi in questi ultimi tempi è predetta e profetizzata da grandi santi del passato. Basti pensare a San Luigi Grignion di Montfort nel Settecento. Tutto questo ha un senso preciso: Lei è la Sposa dello Spirito Santo come insegna la Tradizione, i grandi Padri della Chiesa, i grandi Santi, i grandi Dottori. La Madonna è la Sposa dello Spirito Santo. Sposo e Sposa condividono tutto tra loro, ciò che è dell’uno è anche dell’altro, ciò che appartiene all’uno appartiene anche all’altro.

I Tempi della Chiesa (dopo l’Ascensione, dalla Pentecoste fino alla fine dei tempi) sono anche chiamati i Tempi dello Spirito Santo. C’è il Tempo del Padre, l’antico testamento; il Tempo del Figlio, inaugurato dalla venuta di Gesù, con l’incarnazione, la nascita, la predicazione, la morte, la resurrezione e l’ascensione; a partire dalla Pentecoste, inizia il Tempo dello Spirito Santo. In questa epoca la Madonna non può più rimanere nascosta, come lo era rimasta nei tempi dei primordi della Chiesa; allora la Madonna chiese di rimanere nascosta per poter dare spazio al Figlio ed anche perché la Vergine Santa è tanto Santa e meravigliosa che, nei primissimi tempi della vita della Chiesa, in un’epoca di paganesimo, la sua presenza preponderante avrebbe potuto creare confusione: “Non è che sia una divinità Lei stessa?”, avrebbero potuto pensare gli uomini del tempo.

Ecco, per evitare questo pericolo i primissimi scrittori ecclesiastici non ne hanno parlato molto ma, terminata la necessità legata a queste circostanze, Dio ha decretato che gli ultimi tempi, nei quali siamo pienamente inseriti e coinvolti, debbano caratterizzarsi per una decisiva presenza e azione dell’Immacolata; in effetti, chiunque veda la presenza di Maria oggi attraverso gruppi, movimenti, cenacoli mariani e scorge il fervore mariano prodotto dalle sue apparizioni nel mondo – soprattutto da due secoli a questa parte – si rende conto di quanto sia vero che Ella è la Sposa dello Spirito Santo ed è venuta perché il nostro tempo, essendo il Tempo dello Spirito Santo, è anche il suo tempo, il Tempo di Maria a cui corrisponde una precisa missione mariana e dei suoi figli a Lei legati.

Oggi parliamo di La Salette: si tratta di un’apparizione importantissima, ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa. Questa manifestazione mariana è un mistero grande: forse nessuna apparizione mariana, dopo Fatima, ha fatto tanto discutere quanto La Salette. Si tratta di una sola apparizione e siamo nel 1846. La Vergine SS. ha consegnato un messaggio: una parte pubblica ed una parte segreta, in quanto i veggenti hanno ricevuto due messaggi segreti, uno ciascuno. Perché si chiamano segreti? Perché non dovevano essere rivelati sino ad una certa data. I due pastorelli-veggenti, Melania Calvat e Massimino Giraud – rispettivamente dell’età di quindici e undici anni – furono molto spinti e, alla fine, i tempi stabiliti dal Cielo per la rivelazione dei segreti fu anticipata di qualche anno. Così i segreti giunsero sino al Papa: il loro contenuto è drammatico, soprattutto di quello affidato a Melania, al cui interni vi sono profezie relative alla crisi della Chiesa ed anche alla futura Restaurazione, nonché alla figura personale dell’Anticristo.

La Salette non è solo questo. La Salette è anche una regola dettata dalla Madonna a Melania. La Vergine Santa ha chiesto la fondazione di una Congregazione religiosa di cui ha dettato gli statuti. Questi due poveri ragazzi dovettero passare per molte difficoltà, umiliazioni e sofferenze a causa dell’apparizione perché, purtroppo, c’erano questioni politiche molto serie. A quel tempo Napoleone III era imperatore in Francia. La Rivoluzione francese aveva già diffuso i semi di ateismo e ribellione a Dio. La Francia era una specie di pentola bollente in cui fermentavano tutti i principi rivoluzionari. Le sette segrete, Carbonerie e Massonerie varie, lavoravano sin dalla fine del Settecento per impiantare la Rivoluzione in tutta Europa. Poi arrivano questi due pastorelli analfabeti e dicono: “Abbiamo visto la Madonna, ci ha dato un messaggio, ci ha detto delle cose molto graviriguardo alla Chiesa e all’Europa”. Incominciano a preoccuparsi tutti, compreso l’Imperatore. Chissà perché questi personaggi, misteriosamente, facciano tutti un po’ come Pilato che aveva una certa percezione del divino e una forma deviata di timore religioso. Era così anche per l’Imperatore di Francia il quale temeva che, in questi segreti, ci fosse qualcosa di infausto che riguardasse lui e la Francia.

Purtroppo quel periodo era molto brutto e, proprio per questo, c’erano diversi vescovi posizionati nelle diocesi dall’Imperatore i quali rispondevano – ahimé – al regime francese; il vescovo di La Salette, Mons. Ginoulhiac, era stato incaricato da Napoleone III di catturare informazioni e scoprire se quei messaggi parlavano – e in che modo – di lui o di vicende che lo coinvolgessero. Mons. Ginoulhiac nutriva una supina venerazione per Napoleone III, lo considerava un grande imperatore e possibile restauratore (un salvatore insomma…). Quando interrogò Massimino sul segreto, si sentì candidamente rispondere che la Madonna gli aveva detto che Napoleone era “un aquilotto spennato” cioè un aquilotto che voleva volare troppo in alto. Nel segreto, infatti, si dice che quando Napoleone III avrebbe voluto essere imperatore e papa allo stesso tempo sarebbe finito male. Accade esattamente così. Napoleone entrò in conflitto con la Chiesa; ad un certo punto sembrava che ci fosse un accordo tra Chiesa e stato francese ma l’imperatore, in realtà, stava facendo solo il doppio gioco; si mise contro la Chiesa e così, esattamente come predetto, cadde. Si capisce che, in quel contesto, quando Massimino rivelò una cosa del genere parve sfacciata presunzione, un affronto. Fu giurata guerra, per tutta la vita, ai due veggenti, tant’è che si disse: “La Salette, devozione, ecc. va bene ma, i due veggenti con i loro segreti, sono un’altra storia, sono dei presuntosi e fanatici, vanno fatti fuori!”. E giù con calunnie su calunnie.

Ma ora esaminiamo gli eventi. Siamo a La Salette, Francia alpina, dipartimento di Isère. Due ragazzi stanno pascolando il gregge in questo silenzioso angolo di Francia (siamo a circa 1800 metri di altezza). Si chiamano Mélanie Calvat e Maximin Giraud, rispettivamente quindici ed undici anni. Non sono parenti. Si sono conosciuti casualmente (meglio sarebbe dire provvidenzialmente) il giorno prima dell’apparizione e, in quell’occasione, scoprono di essere entrambi originari del villaggio di Corps. Sono poveri e senza istruzione: a quell’epoca non conoscevano neanche il Padre Nostro e l’Ave Maria. Non erano due “santarelli”, tant’è che la Madonna li riprese, dolcemente ma in modo fermo:

“Fate bene la vostra preghiera, figli miei?”

“Così così”.

“Ah, figli miei! Bisogna farla bene, sera e mattina”.

Il grande evento dell’apparizione è uno stimolo per la santificazione dei veggenti, dovrebbe essere così; però non sempre, quando vengono prescelti, all’inizio, sono di santa vita; talvolta, può capitare, che non lo diventino neppure dopo le apparizioni. I pastorelli di Fatima, per esempio, non sapevano pregare correttamente il Rosario. Pregavano l’Ave Maria ridotta dicendo solo Ave Maria, Santa Maria. Pensavano solo a giocare – era comprensibile, erano molto piccoli e, così, a loro pareva di aver trovato una soluzione per pregare il “Rosario veloce”: Ave Maria, Santa Maria. Finivano in tre-quattro minuti e poi dicevano: “Abbiamo recitato il Rosario”! L’Angelo, però, appare e dice loro: “Cosa fate? Offrite costantemente all’Altissimo preghiere e sacrifici”, come a dire: siate moderati nel giocare e, soprattutto, più che al divertimento, dedicatevi alla preghiera e all’offerta di sacrifici. Ebbene si, l’Angelo dice queste cose a tre bambini! Riflettiamo.

Tornando a noi: la Madonna, a La Salette, non ha detto cose tanto diverse a Melania e Massimino. Le analogie sono numerose. Per esempio, Melania dice di aver visto come un globo di luce da cui emerse la figura della Madonna. Melania confidò: “Ci sembrava che il sole fosse caduto lì!” Questo dettaglio, senz’altro, richiama Fatima, l’apparizione di ottobre, allorché sembrò agli astanti che il sole dovesse cadere sulla Terra ed incenerirla. Tant’è che le persone incominciarono a fare delle confessioni pubbliche alla Cova d’Iria!, dicendo ad alta voce i propri peccati perché erano convinti che stesse venendo la fine del mondo. C’è, dunque, il richiamo al sole, a qualcosa che sembra apocalittico, ad un pericolo incombente. Il mondo, tuttavia, non è finito ancora, per divina misericordia: ma quanto ancora gli uomini potranno abusare della pazienza di Dio?

Tornando ai veggenti di La Salette, dicevamo della loro povertà. Le loro famiglie vivevano di stenti e nella più grande indigenza. Melania era cresciuta in una famiglia di otto figli. Veniva spesso lasciata per strada a chiedere l’elemosina. Era una ragazza taciturna, timida e solitaria. Massimino, invece, era ben diverso. Era un tipo molto vivace e spiritoso (anche troppo). Ebbene, cosa accadde il 19 settembre 1846? Dopo una mattina faticosa, Melania e Massimino si erano addormentati e, il gregge che avevano in custodia, si era allontanato. Affrettarono il passo per recuperare gli animali e, ritrovatili, cominciarono a scendere per fermarli quand’ecco che, a metà strada, comparve quel globo di fuoco. I due fanciulli furono presi da timore, si avvicinarono e videro una bellissima donna seduta con la testa tra le mani. Si trovavano al cospetto di una immagine dolorosa ma sfolgorante di luce intensissima.

C’è un Memoriale lasciato da Melania in cui descrive la Madonna. Per alcuni studiosi, si tratta della più bella descrizione della Santa Vergine mai fatta da un veggente. Massimino, da parte sua, non ha mai avuto una fidanzata, è stato tutto dedito alla missione ricevuta dal Cielo: far conoscere il messaggio della Madonna, la quale aveva detto ai due pastorelli:

“Farete conoscere questo messaggio a tutto il mio popolo”.

Melania e Massimino hanno sentito la responsabilità di questa grande missione della quale erano stati investiti: “Noi siamo niente, siamo nulla, due pastorelli ma la Madonna ci chiede questo e lo faremo!”. Massimino, certo, aveva dei limiti, non è un santo, aveva dei difetti però è sempre stato devotissimo alla Santa Vergine, moralmente ineccepibile e, soprattutto, “quando parlava di La Salette si trasformava”, dicono i testimoni del tempo. Massimino è morto relativamente giovane, a quasi quarant’anni. Fu anche zuavopontificio, per un breve periodo. Quando Vittorio Emanuele II dichiarò guerra alla Chiesa e scese con le sue truppe a Roma il giovane, animato da ardente zelo, disse: “Voglio difendere il Papa” e si arruolò. Però la vita militare non era per lui e, dopo sei mesi, lasciò.

Anche questa vicenda è esemplificativa di quanto si diceva della sua personalità: si vedono i limiti naturali ma anche quella spinta, quella generosità da cui sempre fu animato. Commovente sapere che, quando gli chiesero: “Perché non ti sei mai sposato?”,rispose: “Una volta che si è vista la Madonna, quale altra donna potrei desiderare?”. Risposta disarmante. È interessante riflettere su questo punto. Si, Massimino non era un santo secondo i nostri schemi e i nostri criteri eppure, ciò che conta davvero, è che è stato un testimone autentico dell’evento, fedele alla Madonna e alla missione che Ella gli aveva affidato, senza mai arrestarsi davanti ad alcuna sofferenze, difficoltà, umiliazione, incomprensione. Aveva persino provato ad entrare in due seminari e farsi certosino ma il tentativo fallì, un po’ perché non era tagliato per quel genere di vita e un po’ perché, per la persecuzione che infuriava contro di lui e contro Melania, non godeva di buona fame e nessuno voleva compromettersi accogliendolo.

Chiudo questa parentesi su Massimino. Più avanti diremo qualcosa in più su Melania. Ora continuiamo con il racconto dell’apparizione. Melania e Massimino, dunque, sono alla presenza di questa meravigliosa figura femminile, seduta su una roccia, con la testa fra le mani, tristissima, in lacrime. Sta davanti a loro, non capiscono da subito che si tratta della Madonna. Per lungo tempo dissero: “Noi abbiamo visto una signora”. Quando raccontarono in paese dell’apparizione, furono le persone a riconoscere: “Non può che essere la Beata Vergine Maria, è Lei!” I veggenti, però, non vollero mai affermarlo perché la Madonna non disse mai “Io sono la Vergine Maria”. La Madonna, nel rivolgersi a Melania e Massimino, andò subito al punto. Solitamente, nelle apparizioni, la Madonna si presenta sempre. A volte non da subito (come Fatima e Lourdes) ma, a La Salette, c’è un caso singolare: l’apparizione non si è MAI presentata. Viene da chiedersi il perché. Presumibilmente perché la Sua UNICA (e non solamente principale) preoccupazione era quella di CONSEGNARE un messaggio di grande urgenza oltre che importanza, a tutto il suo popolo, come disse. Non c’era tempo per presentarsi. La Chiesa avrebbe capito da sola chi era quella Bella Signora.

“Avvicinatevi figli miei, non abbiate paura. Sono qui per annunciarvi un grande messaggio. Se il mio popolo non vuole sottomettersi sono costretta a lasciar libero il braccio di mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso trattenerlo!”

Una Signora piangente, con le mani che le nascondono il volto. E queste le sue prime parole:

“Se il popolo non si sottomette io non posso più trattenere la Giustizia di Dio!”

Un po’ forte, come messaggio! Quasi a scardinare, giocando d’anticipo, qualsiasi obiezione, qualsiasi discorso dolciastro, qualsiasi prospettiva – così di moda oggi – semplicistica, sentimentalista, inutile e sterile, con cui si getta alle ortiche tutto il discorso sulla Giustizia di Dio fondata sul dovere degli uomini di osservare i le sue leggi e i suoi comandi.

Così scrivono due autori, debitori della Vergine di La Salette e appassionati del Suo messaggio:

“LA SALETTE è l’aspetto serio del cristianesimo. È il dramma della scelta fra salvezza e perdizione eterna alla quale ognuno è convocato. NON IRRIDETUR DEUS, Dio non si prende in giro. Per questo, parole come quelle della Madonna piangente davanti a Mélanie e Maxim saranno sempre inaccettabili per ogni aspettativa cristiana che voglia andare d’accordo con le mode del momento” (Leon Bloy);

 

 

“Qualche spirito è colpito dalle “minacce” contenute nelle parole della Vergine apparsa nel settembre del 1846 sui pascoli di un’alta montagna nella diocesi di Grenoble (a La Salette, ndr). Dicono: “Non possiamo credere a un Dio crudele”. Ma così si dimentica che le cosiddette “minacce” non sono che promesse divine respinte. Dio non è “crudele” che nella misura in cui gli uomini, chiudendo il cuore alla Grazia, gli impediscono di esercitare la Sua bontà. Il rifiuto viene da noi. Il Dio cristiano non può salvarci senza che noi lo vogliamo. Dio non ha certo da punirci attivamente: basta che Lo respingiamo da noi perché, abbandonati alla pesantezza del peccato, rotoliamo fatalmente verso il fondo dell’abisso” (Gustave Thibon).

La Giustizia va sempre insieme alla Misericordia. In Dio, tutte le perfezioni si identificano all’unica Essenza divina: non può esserci, in Lui, Misericordia senza Giustizia. Noi stessi sentiamo la necessità della giustizia umana perché siamo fatti per la giustizia, ne portiamo dentro il senso innato. Ora, giustizia umana non ve n’è. Cosa accadrebbe, dunque, se Dio non fosse giusto? Sarebbe un disastro! Se neppure Dio è giusto, se neppure Lui farà giustizia, davvero allora ci sarebbe da avvilirsi e disperarsi! Chi lo nega, Egli è infinita misericordia ma misericordia non è misericordismo. Che cosa è il misericordismo? È, in una parola, un’eresia bella e buona! Si, una falsificazione della misericordia che è l’attributo più grande di Dio. Di conseguenza, il misericordismo è la più terribile di tutte le menzogne esattamente perché è l’assassinio del più grande attributo di Dio. Misericordia significa che Dio è buono e vuole salvare tutti, dà a tutti i mezzi per la salvezza e prova fino alla fine a salvare i suoi figli. Ma l’uomo può rifiutare la grazia, può ostinarsi nel peccato e, quindi, può dannarsi. Il misericordismo, invece, dice che a Dio non importa nulla della libertà dell’uomo e, alla fine, tutti in Paradiso! Il misericordismo, in pratica, dice “pecca fortemente e, se ti pare, credi in Dio (qualsiasi)”. Così, finisce per togliere di mezzo persino la clausola di Lutero che diceva “pecca fortiter et crede fortius” (pecca fortemente e credi ancora più fortemente): “Se credi più di quanto pecchi non c’è problema; nessun problema se sei un delinquente, un immorale, un trasgressore della legge di Dio; ti salva Dio gratuitamente”. Vergognoso. Eppure, il misericordismo fa addirittura peggio (il che non è facile); dice: “Pure se non credi o credi quel che ti pare non ti preoccupare, è lo stesso!” È una bella eresia, no?

Questo illudere le persone e farle “dormire tranquillamente” nei loro vizi e peccati non funziona e non può funzionare. Esiste la coscienza: c’è e fa sentire la sua voce; Si, è vero che si può arrivare ad un punto in cui la coscienza non parla più a seguito del continuo disprezzo della voce interiore, del suo richiamo. Dio, ad un certo punto, si ritira. Questo – dicono l’esperienza comune, i Padri della Chiesa, i grandi santi – è il più grande castigo di Dio: il ritirarsi di Dio. Finché Dio corregge, finché usa la sferza della sofferenza – che sia una malattia o qualsiasi altro genere di dolore – per riportarti sulla retta via c’è ancora speranza ma quando Dio ti lascia, allora è finita: quando Dio si ritira arriva “quell’altro” che rovina temporalmente ed eternamente, torturando e vessando interiormente e esteriormente con spietatezza illimitata.

Quindi parlare della Giustizia di Dio è importante, anzi fondamentale. Non per il gusto di spaventare ma per essere rimessi sulla via retta, della verità e della giustizia, la via della fede. Uno dei punti del messaggio di La Salette lo troviamo proprio in questa parola: GIUSTIZIA DIVINA. Sicuramente la Madonna prevedeva quello che stava per accadere: gli avvenimenti ecclesiali, le mode di pensiero dentro e fuori dalla Chiesa, il cumulo di sciocchezze e eresie degli anni a venire. La Madonna sapeva che sarebbe accaduto tutto quanto vediamo, sentiamo e viviamo. Quanto, allora, sono importanti questi appelli celesti, per nulla da prendere sottogamba!

Continua il messaggio:

“Da quanto tempo soffro per voi. Poiché ho ricevuto la missione di pregare continuamente Mio Figlio, voglio che non vi abbandoni ma voi non ci fate caso. Per quanto pregherete e farete mai potrete compensare la pena che mi sono presa per voi”.

Affrontiamo integralmente, il messaggio cogliendo i concetti fondamentali:

“Vi ho dato sei giorni”…

La Madonna è concreta, vede delle situazioni che non vanno bene, che non sono in accordo alla volontà di Dio e va a colpire proprio quelle perché se non si riforma realmente e concretamente la vita, a che serve parlare? In quell’area della Francia vi erano due problemi grossi, la Madonna lo dice:

“Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservata il settimo e non me lo volete concedere!”

Le persone lavoravano anche la domenica e ci sarebbe da fare delle attualizzazioni. Oggi non si parla più di peccato o, se si parla, se ne parla solo in maniera sociologica cioè sembra che gli unici peccati – qualora siano considerati ancora tali – siano solo quelli contro il prossimo (per la serie: se “ti rubo i soldi, se ti imboroglio”) ma, le cose che riguardano Dio, non esistono: il terzo comandamento radiato dalle Tavole della Legge: “Ricordati di santificare le feste!”.

Quando a una persona si ricorda il dovere grave della partecipazione alla Messa festiva ci si sente quasi sempre rispondere: “Ma che vuoi che sia la Messa, ho fatto del male a qualcuno? “Tu hai offeso Dio, vuoi capirlo o no?? Dio non esiste, per l’uomo d’oggi. Questo è il problema. L’unica cosa che, al massimo, bisognerebbe sistemare: “Beh, se sono proprio delinquente cercherò di non eccedere”. Oggigiorno, infatti, sembra che gli unici ad essere condannati debbano essere i mafiosi ed i camorristi; non che non vada condannata la malavita, intendiamoci, ma questa non è l’unica categoria di peccatori. Parliamo, ad esempio, di chi BESTEMMIA. La bestemmia fiorisce sulle labbra delle persone in una maniera terrificante, anche dei più giovani. Ci sono delle persone che non riescono a dire tre parole senza metterci dentro una bestemmia e quando si prova a correggerle, c’è tra queste chi si arrabbia pure: “Fatti gli affari tuoi!”

Vi racconto questo fatto, mi trovavo sul treno e c’era una donna dell’est Europa (ucraina, polacca, moldava non so), nervosissima, arrabbiatissima; ha preso a parole tutte le persone che le stavano intorno. Ad un certo punto lancia una bruttissima bestemmia contro la Madonna, stava vicino a me e le ho detto: “Non bestemmi!” e lei ha risposto: “Eh, saranno fatti miei!” ed io ho replicato: “No, sono fatti anche miei perché sta offendendo anche me: io credo in chi lei bestemmia!” A quel punto, quando mi sono messo in mezzo, si è fermata. Queste persone non se ne rendono conto ma se ci fosse stato un musulmano là e quella donna avesse offeso Maometto, chissà cosa sarebbe successo! Non so perché gli unici stolti dobbiamo essere sempre noi cristiani che, quando viene offeso il nostro Dio, l’unico vero Dio, nessuno interviene a difenderlo, con la scusa che siamo liberi, ognuno fa quello che gli pare, e sciocchezze del genere. Ma cosa diciamo? Che diritto ha una persona di offendere Dio?

Questo per dirvi che i peccati contro Dio sono la prima cosa, il primo problema. La Madonna, a La Salette, non dice: “Fate delle ingiustizie, è questo che appesantisce il braccio di mio Figlio“; no, ma “Non andate a Messa la domenica e anche i carrettieri non sanno che bestemmiare il nome di mio Figlio, queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio!”. Riflettiamo su questo. La Santa Vergine è venuta a rimproverare il popolo per la trasgressione dei primi comandamenti, il secondo e il terzo in particolare, perché Dio è più importante di tutto il resto. A me dispiace per le persone d’oggi. Va tanto di moda questa pseudo-morale laica, anche tra i personaggi dello spettacolo, dello sport, sembra che basti fare un po’ di beneficienza (che poi non costa niente a chi guadagna milioni di euro), far costruire un orfanotrofio in Africa e la coscienza è a posto: “Io faccio opere di bene, sono buono”, ti dicono. Ma come si fa ad essere buoni e giusti se si calpestano i comandamenti più importanti? La giustizia dell’uomo si vede in rapporto a Dio e al prossimo: chi rispetta e onora Dio e il prossimo è buono e giusto ma chi rispetta il prossimo e non rispetta Dio non è buono e giusto: Dio non può essere accantonato come una faccenda irrilevante!

E non è finita qui: nel messaggio la Madonna preannuncia dei castighi perché il male produce male, dobbiamo capirlo questo: chi semina vento raccoglie tempesta, dice saggiamente il proverbio. Se potessimo vedere tutti i peccati che si commettono sulla Terra in questo momento resteremmo fulminati! Dio li vede e non ci castiga ancora, almeno non come meriteremmo, cioè incenerendo la Terra! Questa è una grande misericordia però attenti a non prenderci gioco di Dio perché l’Onnipotente sa anche castigare quando è necessario. Parole della Vergine Addolorata:

“Se il raccolto si guasta la colpa è vostra. Ve l’ho fatto vedere lo scorso anno con le patate. Voi non ci avete fatto caso anzi, quando ne trovavate di guaste, bestemmiavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest’anno a Natale non ve ne saranno più.”

Quando qualcosa va male, come immediata reazione cosa fanno oggi tanti sciagurati? Bestemmiano! Se la prendono con Dio! “Ma come? – ci sarebbe da rispondergli – Non hai pensato a Dio per tutta la tua vita, vivi da ateo e adesso che le cose ti vanno male ti ricordi di Dio ma non per chiedergli aiuto piuttosto per bestemmiarlo! Abbiamo davvero perduto il senno! Abbiamo superato il limite! Parliamoci chiaro: Dio c’è sempre o non c’è mai. Se non c’è mai non c’è e non ce la si può prendere con Lui se le cose vanno male. Prenditela con te stesso, prenditela con l’imbroglione con cui lavori... ma non osare oltraggiare Dio. Piuttosto se Dio esiste, come di fatto esiste, tu devi ringraziarlo quando le cose vanno bene e, quando vanno male, chiedergli umilmente aiuto, non bestemmiarlo! Basta davvero, ci dobbiamo scuotere una volta per tutte e biasimare questi comportamenti degni di folli.

La Madonna lo dice chiaro: oltre ad offendere Dio, il male fa male a voi stessi. Poi vi trovate nei guai perché, quando non ci sono più patate, uva, grano, la gente muore di fame; e poi le malattie. Se si vanno a leggere i resoconti storici di quel periodo ci fu un vero disastro e non solo in Francia ma in gran parte dell’Europa. La Madonna, attraverso i suoi vibranti richiami a La Salette, voleva far passare questo concetto: “Attenzione! Meditate bene, uomini, perché sta succedendo questo; non succederebbe se foste giusti e retti verso Dio e verso il prossimo ma non lo siete e allora ecco le conseguenze della vostra cattiva condotta”.

Melania faceva fatica a capire perché la Madonna parlava in francese, lingua che i ragazzini non conoscevano bene. Infatti, aveva scambiato la parola “patate” con “mele” (in francese pommes: mele; pommes de terre: patate). Notando la difficoltà, la Madonna dice:

“Voi non capite figli miei? Ve lo dirò in un altro modo”

e inizia a parlare in dialetto, il patois:

“Se avete del grano non seminatelo, quello seminato sarà mangiato dagli insetti. Quello che maturerà cadrà in polvere al momento della battitura e sopraggiungerà una grande carestia. Prima di essa, i bambini al di sotto dei sette anni saranno colpiti da tremiti e moriranno fra le braccia di coloro che li terranno, gli altri faranno penitenza con la carestia. Le noci si guasteranno, l’uva marcirà”.

È un preannuncio micidiale! In ogni caso, quando un’apparizione è vera, non si trovano soltanto profezie apocalittiche ma viene sempre dato il rimedio, viene sempre indicata la vita giusta da percorrere. Anche a La Salette, la Madonna assicura:

“Se si convertono, le pietre e le rocce si muteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi,

come a dire: Se vi convertite, se operate il bene arricchirete così tanto di benedizioni la Terra che le patate verranno fuori per virtù divina. Ecco, di seguito, un bel commento su questo punto: 

“È la dinamica evangelica che la Madonna viene a ripresentare in tutto il suo senso ed in tutta la sua urgenza a La Salette l’appello della Vergine nella sostanza è lo stesso di quello di Cristo: ‘Cercate prima il Regno di Dio e la Sua Giustizia e tutte queste cose vi verranno date in aggiunta’. La Vergine richiama il suo popolo all’osservanza dei Comandamenti di Dio e dice, in pratica, che se mettiamo Dio al primo posto tutto il resto ci verrà dato in abbondanza mentre, se dimentichiamo Dio, anche le cose materiali ci verranno a mancare. In un certo senso si rivela come un commento al salmo che dice: ‘Stai lontano dal male ed avrai sempre una casa’; se camminiamo sulla retta via siamo illuminati dalla benedizione di Dio ma, se percorriamo un itinerario che non segue i Comandamenti Divini, quello che ci fa da segnale indicatore è l’inganno satanico”.

Ritorniamo al messaggio. La Signora, a questo punto, interroga i pastorelli:

“Fate bene le vostre preghiere bambini miei?”

Essi francamente rispondono:

“Signora, veramente non troppo!”

E la Madonna replica:

“Ah bambini miei bisogna farle bene: sera e mattina!”

Davvero commovente è vedere come la Madonna si adatti ai suoi interlocutori; non chiede di colpo “dieci rosari al giorno” a chi non faceva bene neppure le preghiere del mattino e della sera… comincia dal poco però, quel poco, vuole che lo si osservi e pratichi con fedeltà e costanza perché, da quel poco, si avanzerà di grazia in grazia, di virtù in virtù, di merito in merito. Continua la Madonna:

“Quando non avete tempo dite almeno un Pater ed un’Ave Maria; quando, invece, avete più tempo ditene di più. A Messa non vanno che alcune donne anziane, gli altri lavorano la domenica tutta l’estate e l’inverno. Quando non sanno che fare, non vanno alla Messa che per burlarsi della religione”.

Questo messaggio è stato riconosciuto autentico dalla Chiesa, vero? Si, ebbene: leggete cosa dice la Madonna:

“In Quaresima vanno alla macelleria come dei cani!”

La Madre celeste tutta dolcezza, tutta misericordia usa un’espressione del genere: possibile?? Si, possibile! Riflettiamo anche su questo: CHIAMARE PECCATO IL PECCATO MA NON A METÀ, COSÌ COME È. Questa non è mancanza di tatto, come si sarebbe portati erroneamente a pensare: è opera di verità, è opera di giustizia, è opera di vera carità. La Madonna non può sminuire il peccato e tutto il suo messaggio è una recriminazione forte contro ciò che offende Dio e nuoce spiritualmente all’uomo. Perciò La Salette, oggi, è di grandissima attualità ma è anche dimenticata, meglio sarebbe dire boicottata, soprattutto dal clero odierno. Volutamente, scientemente. Oggi i problemi di cui la Madonna ha parlato ci sono, eccome! E sono i principali! I Comandamenti, soprattutto quelli della prima tavola, chi li osserva più? E poi si sono moltiplicati a dismisura i peccati contro tutti gli altri comandamenti, come ovvia conseguenza. Si capisca una buona volta: i peccati contro Dio sono più gravi dei peccati contro il prossimo. E’ evidente che ciò non comporta che Dio si debba trattarlo bene e gli uomini si debbano trattarli male, questo sarebbe falso cristianesimo, lo sappiamo. Eppure la cosa più importante da ricordare, oggi, è quanto dice la Madonna a La Salette perché l’uomo contemporaneo, in realtà, non pensa per nulla ai peccati contro Dio, per lui semplicemente non esistono. La Messa festiva non esiste, la bestemmia un semplice intercalare, un colorito modo di esprimersi.

Questo per quanto riguarda il messaggio pubblico. Adesso dobbiamo dire qualcosa a proposito dei SEGRETI. Durante l’apparizione, dopo quanto riferito, la Madonna rivela qualcosa in modo distinto prima a Massimino e poi a Melania: per l’appunto, i segreti.

I segreti di La Salette hanno creato tante polemiche quanto quelli di Fatima. Sostanzialmente è stato fatto con i segreti di La Salette la stessa cosa che è stata fatta con quelli di Fatima. Dove l’errore d fondo? Per Fatima hanno detto: Le apparizioni di Fatima nel 1917: tutto vero, tutto approvato dalla Chiesa; ma le rivelazioni dopo il 1917 (e quindi tutte le rivelazioni successive donate da Gesù e Maria a Suor Lucia) sono tutte fantasie di una suora (sic!). I detrattori di La Salette sono stati ancora più numerosi di quelli di Fatima, in quanto c’era tutto quel fermento politico di cui dicevo prima. Oltre a ciò, i due veggenti erano due ragazzini semplici e ignoranti, non sapevano neanche bene chi fosse Napoleone III, ne avevano sentito parlare ma non pensavano di essere coinvolti in questioni politiche così importanti, lo hanno capito solo dopo.

La Salette è stata approvata subito, dopo due anni, è stata l’approvazione più veloce nella storia delle apparizioni mariane. Cosa dicono i critici? La Salette fino al messaggio pubblico, va bene. Tutto il resto, fantasie di due ragazzini stravaganti… ed hanno fatto in tutti i modi per far passare l’idea che Melania e Massimino fossero inattendibili e instabili, paranoici e persino mossi da intenzioni anticlericali per vendetta personale. In realtà, le cose non stanno così. Massimino non era un santo però ha avuto una grande integrità, una grande dignità; di questo abbiamo già riferito. Melania, da parte sua, era un’anima mistica. San PIO X, un giorno, la chiamò “la nostra santa”. A parte qualche lieve difetto (era molto vivace, quando c’era da rispondere rispondeva; ella stessa diceva “Questo lo devo migliorare”), era una figura di provata virtù e Sant’Annibale di Francia, fondatore delle Suore del Divino Zelo, la prese sotto la sua tutela e direzione spirituale nell’ultima fase della sua vita, affidandole la direzione di una delle case per ragazze da lui fondate. E fu proprio questo grande santo a lasciare testimonianze bellissime sulla santità di Melania. Era convinto che l’incompresa e perseguitata veggente fosse una mistica e, dello stesso avviso, furono i vescovi di Castellammare e di Lecce (Mons. Petagna e Mons. Zola). In vita fu favorita di importanti esperienze mistiche, molte delle quali legate alla Passione del Signore da lei rivissuta e condivisa. Il suo corpo riposa ad Altamura, in provincia di Lecce.

Nel 1999 un sacerdote francese, Michel Corteville – che stava studiando per la sua tesi di laurea su La Salette – ha avuto la possibilità di accedere agli archivi della Congregazione per la Dottrina della Fede e lì ha trovato i Segreti di La Salette, cioè i testi autografi di Melania e Massimino che furono inviati a Pio IX nel 1851. Al Papa Pio IX, infatti, pervenirono questi due testi, li lese e credette al contenuto. Furono, poi, archiviati e non se ne seppe più nulla. Fino al momento in cui , nel 1999, Corteville ha ritrovato i documenti manoscritti. Fu, così, finalmente dimostrato che non solo i veggenti non si erano inventati i segreti ma che i contenuti che circolavano – e che si consideravano ingiustamente dei falsi, per cui si usava screditare i veggenti – erano invece veritieri. Dopo il rinvenimento è stato così possibile – un po’ alla volta – procedere alla riabilitazione dei veggenti. In realtà, purtroppo, siamo appena all’inizio della riabilitazione. I due pastorelli non sono degli ingannatori, come si è voluto sempre far credere. Nel miglior libro in lingua italiana su La Salette – “I segreti di La Salette” di padre Antonio Galli – si trova ben sintetizzata tutta storia del ritrovamento dei segreti, un’accorata difesa dei veggenti di La Salette e, più in generale, del carisma profetico contestato. Sono raccolte, inoltre, numerose testimonianze di prima mano di tante persone che hanno conosciuto Melania e Massimino. A seguire, una significativa dichiarazione del padre galli su Melania, estratta da questo libro:

“La vita di Melania non si è svolta in un monastero come è avvenuto per Caterina Labourè, Bernardette Soubirous, Faustina Kowalska, Lucia di Fatima ma da Grenoble a Darlington, dove è rimasta sei anni come monaca carmelitana; da Darligton a Marsiglia con una puntata a Cefalonia; da Marsiglia a Castellamare di Stabia; da Castellamare di Stabia a Roma; poi a Corps ed Aix-en,Provence, a Cannes e di nuovo a Marsiglia; poi Lecce, Galatina, Messina, Moncalieri, Doux per poi concludersi ad Altamura. In ognuna di quelle località, oltre a pregare ed a mortificarsi, ha svolto varie attività: ha insegnato, ha scritto, ha curato orfani ed infermi, ha lottato anche duramente quando doveva difendere le verità espresse da Maria Santissima sulla montagna, è stata esclusa dai voti, è stata esclusa dalla Congregazione delle Passioniste, privata dei sacramenti dal cardinal Perreaux (che era uno che seguiva Napoleone III), diffidata dallo scrivere i suoi messaggi, oltraggiata, disprezzata, dileggiata come una pazza dopo aver reso pubblico il segreto custodito per anni gelosamente nel cuore! Ad un esame spassionato della vita della veggente, basandosi anche sulle documentazioni più recenti, si deve ammettere che, nella vita della Calvat, le luci superano di gran lunga le ombre. Una vita crocefissa come la sua, le straordinarie esperienze mistiche di cui fu beneficiata non disgiunte da una pietà profonda, una umiltà esemplare, una purezza angelica, una carità sublime, una pazienza straordinaria, fanno di lei una creatura eccezionale”.

Torniamo ai Segreti. Cosa ne è stato? Nell’estate del 1851, assillato dal cardinale di Lione de Bonald, il vescovo de Bruillard ordinò ai due veggenti di scrivere il segreto che avevano ricevuto durante l’apparizione. Massimino lo fece il 3 luglio, Melania il 6 luglio ma, entrambi, chiesero che fosse consegnato tutto direttamente al Papa cosicché de Bruillard inviò immediatamente le buste a Roma per mezzo dei sacerdoti Rousselot e Gerin che vennero ricevuti il 18 luglio da Pio IX. La relazione dei due delegati ricostruisce quanto accadde. È significativo vedere la reazione di Papa Pio IX davanti a questi due scritti: vale quanto un’approvazione dei segreti. Le parole del Papa sono di grade valore ai fini del discorso sull’autenticità dei due messaggi profetici:

“Sua Santità girò le lettere in nostra presenza, le lesse e, commentando quella di Maximin, disse: ‘C’è qui il candore e la semplicità di un bambino!’ Noi rispondemmo che questi fanciulli erano dei piccoli montanari che da qualche mese frequentavano la scuola. Dopo aver scorso lo scritto di Melania, Sua Santità ci disse: ‘Devo rileggere questa lettera con calma!’. Durante la lettura, una certa emozione si manifestò sul volto del Santo Padre, le sue labbra si contrassero, le sue guance si gonfiarono. Conclusa la lettera il Santo Padre ci disse: ‘Sono flagelli di cui la Francia è minacciata ma ella non è la sola colpevole. La Germania, l’Italia e tutta l’Europa lo sono e meritano castighi. Ho meno da temere da Prouhdon (l’anarchico francese che ha fatto una vera guerra contro Dio) che dall’indifferenza religiosa e dal rispetto umano. Non è senza motivo che la Chiesa è chiamata militante e ne vedete qui – a questo punto il Papa si portò la mano destra sul petto – il Capitano’.

Qualche tempo dopo a padre Silvain Marie Giraud – Superiore dei Missionari di Nostra Signora di La Salette che chiedeva al papa qualche notizia sulle confidenze dei due veggenti – Pio IX rispose:

“Voi volete sapere il segreto di La Salette? La radice dei segreti è questa: se tutti non decideranno coscientemente di far penitenza saremo perduti”

Si tratta della stessa frase di Gesù riportata nel Vangelo di Luca (13, 1-5), quando vengono dal Signore dei giudei e gli riferiscono di una rivolta stroncata nel sangue da Pilato. Alchè, Gesù rispose:

Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”

Chissà perché queste frasi del Vangelo non si ricordano mai! Ebbene si, Gesù ha detto anche questo: stesso tenore delle parole riferite della Madonna nel suo addolorato e accorato messaggio a La Salette. Puro Vangelo, solo che ormai il Vangelo è annacquato, confuso, decurtato, stravolto, non si annuncia più qual è e, di conseguenza, non è più messaggio di salvezza ma di illusione di salvezza.

Del Segreto di Melania ci sono varie versioni (p. s. commento al Segreto di Melania): la prima, la più breve di tutte, è quella che lesse Papa Pio IX. Fu un riassunto compilato su richiesta del papa. Nel 1853 la veggente compilò un altro riassunto per il vescovo mons. Ginoulhiac, cedendo alle insistenti richieste di quest’ultimo. Nel 1858, scaduto il tempo di silenzio fissato dalla Madonna, stese il testo integrale a Darlington, in Inghilterra, dove viveva come carmelita e lo inviò ancora a Pio IX. Uscita dal Carmelo (dove era trattenuta a forza), a Marsiglia riscrisse il segreto che, fatta eccezione di piccole varianti, concorda con quello pubblicato a Lecce nel 1879. Questo l’esatto excursus del segreto di Melania, molto più travagliato rispetto a quello di Massimino (p. s. commento al Segreto di Massimino), più breve e consegnato nel 1851 al Papa.

Alla luce di quanto esposto, si comprende perché il testo apocalittico pubblicato del 1879 sia decisamente più ampio di quello consegnato al Papa nel 1851 e ritrovato in Vaticano dall’abbé Corteville. Quando Melania si trovava a Castellammare di Stabia, si impegnò per la pubblicazione del segreto secondo la volontà della Madonna. Il vescovo di Lecce, mons. Zola, approvò il contenuto di quella rivelazione e lo fece pubblicare con l’Imprimatur della Diocesi. Si tratta del famosissimo testo del 1879 (la versione che si trova dappertutto in internet, sui libri, ecc.). Quando c’è un imprimatur ecclesiastico su uno scritto, significa che la Chiesa si impegna a garantire che, al suo interno, non vi è nulla che offenda la dottrina cattolica e nulla che la contraddica. Questo è molto importante perché ci sono delle sezioni molto drammatiche: si parla persino dell’anticristo, si parla della fine dei tempi. Cosa pensare? Innanzitutto questo: niente di questo è fuori dal Vangelo e dalla dottrina cattolica. E’ bene ricordarlo (e sottolinearlo).

Anche se, in seguito, ci sono state polemiche, censure, ecc. c’è questo imprimatur di Mons. Zola. La difficile accoglienza, allora, non dipese dall’ortodossia del contenuto ma dalla difficile situazione politica d’allora come anche anche dall’ostilità di certe figure ecclesiastiche di spicco a causa del fastidio e dell’imbarazzo verso rivelazioni così forti. Mons. Zola, invece, dopo un anno dalla pubblicazione del segreto (quando avvennero le prime polemiche) fece una difesa del messaggio dicendo: “Io l’ho fatto leggere ai migliori teologi che conosco, a persone di fede genuina cattolica e tutte hanno schiettamente approvato e sono rimasti stupiti del contenuto di questo testo”.

A seguire, qualche sezione saliente del segreto.

“I sacerdoti i ministri di Mio Figlio, i sacerdoti per la loro cattiva condotta, le loro irriverenze, la loro empietà nel celebrare i santi misteri, per l’amore del denaro, per l’amore degli onori e dei piaceri sono diventati cloache d’impurità! Guai ai preti ed alle persone consacrate a Dio che, per la loro infedeltà e la loro cattiva condotta, crocifiggono di nuovo Mio Figlio! I peccati delle persone consacrate a Dio gridano verso il Cielo e attirano vendetta. I capi, i condottieri del popolo di Dio hanno trascurato la preghiera e la penitenza ed il demonio ha ottenebrato la loro intelligenza. Sono diventate quelle stelle erranti che il vecchio diavolo trascinerà con la sua coda per farli perire. Dio permetterà al vecchio serpente di mettere divisione tra i regnanti in ogni società, in ogni famiglia. Soffrirete pene fisiche e morali. Dio abbandonerà gli uomini a sé stessi”.

Questo è un po’ quello che sta succedendo, è un po’ come se Dio si fosse ritirato, non totalmente perché continua la Sua presenza nella Chiesa ma in maniera ridotta e cenacolare. Si tratta di una presenza operante in e attraverso piccoli gruppi di vescovi, sacerdoti e fedeli laici. A livello generale di Chiesa, tuttavia, sembra davvero che la retta fede si sia perduta e che Dio abbia abbandonato il Suo Santuario.

“Parecchi abbandoneranno la fede: il numero dei preti e dei religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande, fra costoro vi saranno anche dei vescovi”

La Madonna non dice il tempo in cui si realizzerà tutto questo però, leggendo il testo, sembra esserci una connessione molto forte con quello che sta succedendo oggi.

“I libri cattivi si diffonderanno sulla Terra e gli spiriti delle tenebre diffonderanno dappertutto un totale rilassamento per quello che riguarda il servizio di Dio” -una svogliatezza generale che purtroppo vediamo anche ai giorni nostri.

Ad un certo punto però, dopo questi preannunci tutt’altro che rassicuranti, la Madonna fa una meravigliosa promessa e pare che, in queste parole, stia annunciando quello che a Fatima chiamerà il Trionfo del Mio Cuore Immacolato. Nelle grandi profezie dei secoli passati, infatti, ci sono riferimenti costanti a questa Restaurazione futura della Chiesa e della società. Sembra che siamo prossimi… una restaurazione predetta anche da grandi Santi quali san Bonaventura, santa Caterina, sant’Ildegarda etc., tutte figure di grande rilievo. Ecco il testo:

“Gesù Cristo con un atto della sua misericordia grande per i giusti comanderà ai suoi angeli che tutti i suoi nemici siano messi a morte. Improvvisamente i persecutori della Chiesa di Gesù Cristo e tutti gli uomini dediti al peccato moriranno e la terra diventerà come un deserto. Allora si farà la pace, la riconciliazione di Dio con gli uomini; Gesù Cristo sarà servito, adorato e glorificato; dappertutto fiorirà la carità. I nuovi re saranno il braccio destro della Santa Chiesa, che sarà forte, umile, pia, povera, zelante e imitatrice delle virtù di Gesù Cristo. Il Vangelo sarà predicato dappertutto e gli uomini faranno grandi progressi nella fede perché vi sarà unità tra gli operai di Gesù Cristo e perché gli uomini vivranno nel timor di Dio”.

È un bel preannuncio che ci fa ben sperare secondo la logica delle rivelazioni mariane – Fatima su tutte – per cui, dopo i castighi, le tribolazioni e le persecuzioni, verrà un tempo nuovo. Potremmo essere prossimi. Certi segni dei tempi fanno pensare che lo siamo davvero. In ogni caso, questa stagione di rinnovamento nella Chiesa e nella società mondiale deve venire e noi, in qualche modo, siamo con-costruttori. Un autore, in rapporto al Trionfo del Cuore Immacolato, portava l’esempio dei costruttori delle cattedrali nel Medioevo. La cattedrale non è una chiesetta come i ridicoli cubi che si costruiscono oggi… non ci vuole tanto a metterli in piedi! Invece, per le cattedrali d’un tempo, le cose stavano in maniera ben differente. Ci volevano anche cento anni o più per realizzarle e, chi iniziava i lavori, sapeva bene che, quasi sicuramente, non avrebbe visto con i suoi occhi l’opera completata. Chi vi lavorava, tuttavia, era consapevole di dare un contributo reale, effettivo alla realizzazione dell’edificio; erano i fedeli stessi che lavoravano in prima persona, oltre a sostenere economicamente l’impresa. Il Trionfo del Cuore Immacolato di Maria può essere pensata così, come una CATTEDRALE SPIRITUALE MONDIALE che sarà instaurata sulla Terra: Noi tutti, se vogliamo, possiamo offrire il nostro contributo. Se vedremo il Trionfo in atto gloria a Dio! Se non lo vedremo non deve mancare la nostra generosità: dobbiamo deporre, nelle mani delle generazioni future, un aiuto importante e prezioso al quale loro stesse aggiungeranno i loro sforzi.

Per concludere, nello stesso straordinario segreto, la Madonna rivelò qualcosa di davverol bello riguardo agli Apostoli degli Ultimi Tempi. Vi troviamo dei paralleli molto belli con il Trattato di San Luigi di Montfort. Ecco in che modo la Santa Madre, diversi decenni prima di Fatima, qui a La Salette, aveva preannunciato e predetto l’avvento degli APOSTOLI MARIANI che verranno, segnati dalla VERA CONSACRAZIONE A LEI per combattere le battaglie spirituali del presente e del futuro.

“Io rivolgo un urgente appello alla Terra, io chiamo i veri imitatori di Cristo fatto uomo, il solo vero Salvatore degli uomini, io chiamo i miei figli, i miei veri devoti, quelli che si sono dati a me perché io li conduca al mio Divin Figlio, quelli che io porto per così dire tra le mie braccia, quelli che sono vissuti nel mio Spirito. Infine, io chiamo gli Apostoli degli ultimi tempi, i discepoli di Gesù Cristo che sono vissuti nel disprezzo del mondo e di loro stessi, nella povertà, nell’umiltà, nel disprezzo del mondo e nel silenzio, nella preghiera e nella mortificazione, nella castità e nell’unione con Dio, nella sofferenza e sconosciuti al mondo: è il tempo che vengano ad illuminare la Terra. Andate! Mostratevi come miei cari figli, io sono con voi!”

Quali sono state le ultime parole di Gesù prima di ascendere al Cielo? “Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo!”. Stessa promessa fa la Madonna si suoi figli. E termina il suo appello con queste parole, scultoree e cariche di vigore:

“Io sono con voi purché la vostra fede sia la luce che vi illumina in questi giorni di disgrazia, che il vostro zelo vi renda come gli affamati per la gloria e l’onore di Dio! Combattete figli della luce, piccolo numero che ci vedete!”

La Madonna, così, Sposa dello Spirito Santo, è presente tra noi più che mai nel nostro tempo e ci parla di realtà importanti, direi decisive. Se sapremo rispondere a questi appelli saremo sicuri di dare il nostro contributo alla costruzione della Cattedrale del Cuore Immacolato, meraviglia divina per la gloria di Dio e per la consolazione dei giusti e retti di cuore!

 

Fonte : tempidimaria.com 

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Il SEGRETO eucaristico del grande vescovo Fulton John Sheen

L’arcivescovo statunitense era animato da un amore sconfinato per l’Eucarestia, rendendolo l’uomo di profonda fede che è stato. L’amore immenso per l’Eucarestia, all’Adorazione quotidiana della Quale non avrebbe mai rinunciato per nessuna ragione al mondo, è legato ad un episodio che forse molti ignorano ma che merita veramente di essere conosciuto.

Si tratta della storia di una bambina, la piccola Jia Li, vissuta negli anni ’50 in Cina, durante la più dura epoca di repressione comunista. Bambina di 11 anni, Li frequentava una scuola parrocchiale. In occasione della preparazione alla sua Prima Comunione trovò molto strana della preghiera del Padre nostro la frase: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Così riferì alla suora, sua catechista, che non capiva come mai Dio aveva detto di chiedere il pane, a quelli come lei che invece mangiano riso. La suora le dette una risposta molto semplice, che la bambina prese così sul serio da condurla al martirio.

Le disse: "Tu mangi riso al mattino, a mezzogiorno e alla sera perché il tuo corpo ha bisogno del riso. Ma la tua anima, che vale più del corpo, ha fame di questo pane che è il Pane di Vita: si chiama Ostia! Ricorda di non prendere più di un’Ostia al giorno e di non toccarla mai con le mani. L’Ostia si riceve in ginocchio e sulla lingua".

Così dal mese di maggio, quando la piccola Li fece la Prima Comunione, implorando Gesù di farle avere sempre questo pane quotidiano e di non permettere che la sua anima ne restasse mai priva, cominciò a fare la comunione tutti i giorni. Una volta i comunisti invasero una chiesa, imprigionando nella sua stanza il parroco, Padre Luc. Dalla finestra che dava sulla chiesa, il sacerdote poté osservare la scena in cui i miliziani profanando il Tabernacolo, presero il Calice gettandolo a terra, spargendo ovunque le Ostie consacrate. Poi riferì quanto segue.

La piccola Li che era presente in chiesa, nascosta in un cantuccio, vista la scena restò di ghiaccio. Con l’intenzione pietosa di raccogliere Gesù dal pavimento, non sapendo della presenza della guardia nella rettoria e credendosi sola, a piccoli passi si avvicina all’altare. Si prostra a terra e inginocchiata adora silenziosamente Gesù maltrattato e abbandonato. Come le ha insegnato la suora, sa che occorre preparare il proprio cuore prima di ricevere Gesù. Dopo un’ora di Adorazione, carponi, abbassa la testa a terra e raccoglie un’Ostia con la lingua. Resta ancora in ginocchio, ad occhi chiusi in comunione col suo Visitatore celeste, poi, mentre il sacerdote trepidava per tutto il tempo temendo per lei, la bambina così come era arrivata, lentamente, quasi saltellando se ne va.

Il giorno dopo si ripete la stessa scena. La piccola Li ritorna. Prostata a terra raccoglie con la lingua un’altra Ostia e dopo l’Adorazione se ne va. Padre Luc che conosceva il numero delle Ostie – erano 32 – si domanda tra sé e sé, perché non le raccolga tutte insieme nella stessa volta evitando di correre troppi rischi, ma l’insegnamento della suora la piccola Li se lo ricordava benissimo: “Una sola Ostia al giorno è sufficiente! “E così fece.

Il 32° giorno rimaneva a terra ancora un’Ostia. All’alba la bambina si infila in chiesa e come al solito, silenziosamente, raggiunge i piedi dell’altare. Si inginocchia e prega vicino all’ultima Ostia profanata, quando per un rumore involontario, avvistata dalla guardia della rettoria, viene puntata dalla rivoltella che sparato il colpo, accompagnato da una grassa risata, vede la bambina accasciarsi al suolo. Padre Luc la crede morta, invece non lo è ancora. Ha il tempo che le serve per strisciare faticosamente a terra verso quell’ultima Ostia che, come le altre, raccolse premendoLe sopra la bocca. Poi un soprassalto convulso e l’improvviso mortale rilassamento. La piccola Li è morta. È morta dopo aver salvato tutte le Ostie mettendole al riparo dentro di sé.

Quando Mons. Sheen ascoltò questo racconto, fu talmente colpito dall’eroismo zelante di questa bambina verso l’Eucaristia, che decise che da quel momento in poi, qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe sostato per il resto della sua vita in adorazione davanti a Gesù Sacramentato, almeno un’ora al giorno. Se quella bambina aveva dato con la propria vita una tale testimonianza della reale presenza di Cristo nel Santissimo Sacramento, Mons. Sheen si vedeva obbligato a fare lo stesso.

Solo due mesi prima di morire, all’età di ottantaquattro anni, Mons. Sheen rivelò al grande pubblico il suo segreto, la volta che l’intervistatore gli chiese: “Sua Eccellenza, lei ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo, ma lei da chi è stato ispirato? Da un Papa?”. Mons. Sheen rispose che la sua più grande fonte di ispirazione non era stato un Papa, né un cardinale, nessun altro vescovo, nemmeno un sacerdote, né una suora ma una bambina cinese di 11 anni. E aggiunse:

“Il segreto del mio potere è che in 55 anni non mi sono mai perso di passare un’ora al giorno di Adorazione alla Presenza di Gesù Nostro Signore nel Santissimo Sacramento. Ecco da dove viene il potere. Ecco dove nascono i sermoni. È da lì che viene concepito ogni buon pensiero”.

L’impegno di Sheen nel mantenere un’ora Santa di Adorazione Eucaristica, precisamente, iniziò il giorno della sua ordinazione il 20 settembre 1919 e durò fino al giorno della sua morte, il 9 dicembre 1979. Esattamente 60 anni! Morì durante l’Adorazione Eucaristica, davanti a Gesù nel Santissimo Sacramento. Era chiaramente devoto alla pratica, ma non la considerava come una devozione ma come “Una partecipazione all’opera di Redenzione”. Non solo Mons. Sheen tenne fede alla promessa per tutta la sua vita ma non perse mai occasione per promuovere l’amore per Gesù Eucaristico. Per molti decenni, infatti, ha esortato i fratelli sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli a fare un’ora santa quotidiana di Adorazione davanti al Santissimo Sacramento.

* * *

IL POTERE DELL'ADORAZIONE EUCARISTICA

«Siate certi che di tutti gli istanti della vostra vita, il tempo che passerete davanti al Divin Sacramento sarà quello che vi darà più forza durante la vita, più consolazione nell’ora della morte e durante l’eternità»


(Sant’Alfonso de’ Liguori).

«Volete che il Signore vi faccia molte grazie? Visitatelo sovente. Volete che ve ne faccia poche? Visitatelo di rado. Volete che il demonio vi assalti? Visitate di rado Gesù Sacramentato. Volete che fugga da voi? Visitate sovente Gesù. Volete vincere il demonio? Rifugiatevi sovente ai piedi di Gesù. Volete essere vinti? Lasciate di visitare Gesù. Miei cari, la Visita al Sacramento è un mezzo troppo necessario per vincere il demonio. Dunque, andate spesso a visitare Gesù e il demonio non la vincerà contro di voi».

(San Giovanni Bosco).

Con la Presenza Reale, Gesù è nei nostri tabernacoli. Lo stesso Gesù portato dall’Immacolata nel suo grembo verginale sta rinchiuso nel piccolo grembo di una candida ostia. Lo stesso Gesù che fu flagellato, coronato di spine e crocifisso come vittima per i peccati del mondo sta nel ciborio come Ostia immolata per la nostra salvezza. Lo stesso Gesù che risuscitò da morte e ascese al cielo, dove ora regna glorioso alla destra del Padre, sta sui nostri altari circondato da una moltitudine quasi infinita di Angeli adoranti (...).

Andiamo da Gesù, presente REALMENTE nell'Ostia! Tratteniamoci con Lui, parlandogli con affetto di ciò che ci sta a cuore. Egli ci avvolge con il suo sguardo d’amore e ci attira al suo Cuore. «Quando noi parliamo a Gesù con semplicità e con tutto il cuore - diceva il Santo Curato d’Ars - Egli fa come una mamma che tiene la testa del suo bambino fra le sue mani, per coprirlo di baci e di carezze (...).

SOLO IN PARADISO VEDREMO QUANTE ANIME SONO STATE STRAPPATE ALL’INFERNO DALL’ADORAZIONE EUCARISTICA RIPARATRICE DEI SANTI CONOSCIUTI E SCONOSCIUTI (…).
Per questo San Massimiliano M. Kolbe, il grande apostolo mariano, in ogni sua fondazione, prima ancora delle celle per i frati, voleva che si costruisse la Cappella per introdurre subito l’adorazione perpetua al Santissimo esposto. E un giorno, in Polonia, mentre accompagnava un ospite in visita alla «Città dell’Immacolata», arrivato nella grande Cappella dell’adorazione, disse all’ospite indicando con la mano il Santissimo Sacramento: «Tutta la nostra vita dipende da qui»

(Padre Stefano Manelli)

«Gesù è lì, nell’Ostia. Come possiamo annoiarci? Come osiamo annoiarci? Quando adorate il Santissimo, venite per Lui. Venite solo per fare piacere a Lui. Venite per Lui e, allora, Lui farà tutto per voi (...).

«Il sole, ogni giorno, sembra lo stesso ma voi non dite: “Non andrò a godermi il sole oggi perché è lo stesso sole di ieri”. Il sole può essere lo stesso ma i raggi si rinnovano costantemente: il calore che hai ricevuto oggi è un calore nuovo, la luce è nuova, non viene da un raggio vecchio che hai ricevuto ieri e che è riciclato. È un raggio nuovo che dà nuovo calore, nuova luce. Con Gesù nell’Eucarestia è la stessa realtà: puoi vedere la stessa Ostia, lo stesso “pezzetto rotondo” di pane bianco ma è completamente diverso rispetto a ieri. Raggi nuovi, calore nuovo, nuove grazie, nuova ispirazione, nuova relazione. Tutto è nuovo (...).

«DIVENTATE UN OSTENSORIO VIVENTE per Gesù. Quando avete adorato il Santissimo e Gesù vi ha trasformato, siete raggianti e quei raggi arrivano dappertutto: giungono ai non credenti, ai malati, ai moribondi. Chissà, forse impedirete un divorzio, impedirete a un giovane di suicidarsi, forse guarirete un malato, forse consolerete un moribondo, forse impedirete un incidente stradale. Chissà, Dio lo sa...».

(Suor Emmanuel Maillard)

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Gesù parla dei suoi nonni

 

Dice Gesù:
   «I giusti sono sempre dei sapienti perché, essendo amici di Dio, vivono in sua compagnia e sono da Lui istruiti; da Lui, Infinita Sapienza.
   I miei nonni erano giusti e possedevano perciò la sapienza. Potevano dire con verità quanto dice il Libro, cantando le lodi della Sapienza nel libro[8] di essa: “Io l’ho amata e ricercata fin dalla giovinezza e procurai di prenderla in sposa”.
   Anna d’Aronne era la donna forte di cui parla l’Avo nostro. E Gioacchino, stirpe di re Davide, non aveva cercato tanto avvenenza e ricchezza quanto virtù. Anna possedeva una grande virtù. Tutte le virtù unite come mazzo fragrante di fiori per divenire un’unica bellissima cosa, che era la Virtù. Una virtù reale, degna di stare davanti al trono di Dio.
   Gioacchino aveva dunque sposato due volte la sapienza “amandola più d’ogni altra donna”: la sapienza di Dio chiusa nel cuore della donna giusta. Anna d’Aronne altro non aveva cercato che di unire la sua vita a quella di un uomo retto, certa che nella rettezza è la gioia delle famiglie.

 

 

   3.6E ad esser l’emblema della “donna forte” non le mancava che la corona dei figli, gloria della donna sposata, giustificazione del coniugio, di cui parla Salomone, come alla sua felicità non mancavano che questi figli, fiori dell’albero che ha fatto un sol uno con l’albero vicino e ne ottiene dovizia di nuovi frutti, in cui le due bontà si fondono in una, perché, per conto dello sposo, mai nessuna delusione le era venuta.

 

 

   3.7Ella, ormai volgente a vecchiezza, moglie da più e più lustri a Gioacchino, era sempre per lui “la sposa della sua giovinezza, la sua gioia, la cerva carissima, la graziosa gazzella”, le cui carezze avevano sempre il fresco incanto della prima sera nuziale e affascinavano dolcemente il suo amore, tenendolo fresco come fiore che una rugiada irrora e ardente come fuoco che sempre una mano alimenta. Perciò, nella loro afflizione di senza figli, l’un l’altro si dicevano “parole di consolazione nei pensieri e negli affanni”.

 

 

   3.8E su loro la Sapienza eterna, quando fu l’ora, dopo averli istruiti nella vita, li illuminò con i sogni della notte, diana del poema di gloria che doveva da essi venire e che era Maria Ss., la Madre mia. Se la loro umiltà non pensò a questo, il loro cuore però trepidò nella speranza al primo squillo della promessa di Dio. Già è certezza nelle parole di Gioacchino: “Spera, spera… Vinceremo Dio col nostro fedele amore”. Sognavano un figlio: ebbero la Madre di Dio.

 

 

   3.9Le parole del libro della Sapienza paiono scritte per loro:
“Per lei acquisterò gloria davanti al popolo… per essa otterrò l’immortalità e lascerò eterna memoria di me a quelli che dopo me verranno”. Ma, per ottenere tutto questo, dovettero farsi re di una virtù verace e duratura che nessun evento lese. Virtù di fede. Virtù di carità. Virtù di speranza. Virtù di castità. La castità degli sposi! Essi l’ebbero, ché non occorre esser vergini per esser casti. E i talami casti hanno a loro custodi gli angeli e ad essi scendono figli buoni, che della virtù dei genitori fanno la norma della loro vita.

 

 

   3.10Ma ora dove sono? Ora non si vogliono figli, ma non si vuole però neppure castità. Onde Io dico che l’amore e il talamo sono profanati».

 

(Volume 1 - Capitolo 3, l'Evangelo di Maria Valtorta)

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INSEGNAMENTI DELLA SANTISSIMA VERGINE SULLA FIDUCIA

Dice Maria (parlando a San Giuseppe): «Non temere. Tutto andrà bene (…). Noi fidiamo in Lui. Non è vero? Sempre fidiamo in Lui. Quanto più è forte la prova e più fidiamo. Come due bambini mettiamo la nostra mano nella sua di Padre. Egli ci guida. Siamo tutt’affatto abbandonati a Lui. Guarda come ci ha condotti fin qui con amore. Un padre, anche il più buono, non potrebbe farlo con maggior cura. Siamo suoi figli e suoi servi. Compiamo la sua volontà. Nulla di male può accaderci».

 

Dice Maria (parlando alla mistica): «La fiducia in Dio riassume le virtù teologali. Chi ha fiducia è segno che ha fede. Chi ha fiducia è segno che spera. Chi ha fiducia è segno che ama. Quando uno ama, spera, crede in una persona, ha fiducia. Altrimenti no. Dio merita questa nostra fiducia. Se la diamo a dei poveri uomini capaci di mancare, perché la si deve negare a Dio che non manca mai? La fiducia è anche umiltà. Il superbo dice: “Faccio da me. Non mi fido di costui perché è un incapace, un mentitore, un prepotente”. L’umile dice: “Mi fido. Perché non mi dovrei fidare? Perché devo pensare che io sono meglio di lui?”. E con più ragione così dice di Dio: “Perché devo diffidare di Colui che è buono? Perché devo pensare che io sono capace di fare da me?”. Dio all’umile si dona. Ma si ritira a chi è superbo».

 

(L'Evangelo di Maria Valtorta) 

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La Santa Casa di Loreto, la scienza avvalora la traslazione miracolosa

 

Nel 1291 la prima delle cinque traslazioni che portarono la Santa Casa da Nazaret a Loreto, dove giunse nel 1296, posta dagli angeli su una strada pubblica. Le misure delle tre sacre pareti in Italia combaciano con le fondamenta a Nazaret. Le analisi scientifiche sul terreno, le pietre, la malta, l’orientamento della casa, nonché molteplici testimonianze e dati storici, convergono nel supportare la traslazione miracolosa. Eppure oggi si preferisce credere ad altro.

 

Nell’arco degli ultimi 100 anni, gli scettici e negazionisti sono aumentati, e oggi la Traslazione per ministero angelico è perlopiù ridotta a pia leggenda, dimenticata o lasciata sullo sfondo, appunto anche in ambito ecclesiale, che pure potrebbe trarre grande giovamento dal rivalorizzare - dalla liturgia alla catechesi - uno dei più grandi miracoli che Dio ci ha donato, stante anche il fatto che esiste una mole considerevole di documentazione storica, archeologica e scientifica che si sposa con il dato di fede.

 

CINQUE TRASLAZIONI

La storia di questo miracolo permanente inizia nel 1291, anno che segna la caduta dell’ultima roccaforte cristiana in Terra Santa, San Giovanni d’Acri, con la cacciata dei crociati. Proprio qualche giorno prima della loro definitiva sconfitta, ad opera dei musulmani, la Santa Casa di Nazaret fu staccata dalle sue fondamenta e portata in volo dagli angeli a Tersatto, oggi un quartiere della città di Fiume, in Croazia: ciò avvenne, all’improvviso, la notte tra il 9 e il 10 maggio 1291. La sacra dimora dove era nata la Santissima Vergine e che era stata il luogo dell’Annunciazione e dell’Incarnazione di Nostro Signore, dove il Bambin Gesù era cresciuto sotto le cure di Maria e Giuseppe, veniva così provvidenzialmente messa al sicuro dalla minaccia di distruzione per mano turca.

I primi ad accorgersi di quella misteriosa abitazione a Tersatto furono dei boscaioli. La voce arrivò a un parroco del luogo, don Alessandro Giorgiewich, a cui apparve la Madonna guarendolo dall’idropisia e rivelandogli che le tre pareti erano proprio la sua dimora di Nazaret. Lo stesso sacerdote partì, insieme a una delegazione tersattana voluta dal viceré Nicola Frangipani, alla volta della Terra Santa, dove poté verificare che a Nazaret le tre sacre pareti - al di sopra delle quali era stata costruita la Basilica dell’Annunciazione - non c’erano più.

A Tersatto la Santa Casa rimase tre anni e sette mesi, venendo portata via, ancora dagli angeli, la notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294 (da qui la data della festa odierna), quando la dimora della Sacra Famiglia toccò per la prima volta il suolo italiano, in particolare quello dell’allora Stato Pontificio, venendo lasciata nei pressi di Ancona, in località Posatora. Circa nove mesi dopo avvenne la terza traslazione documentata, nella selva di una signora di nome Loreta, in una località poi detta “Banderuola”, perché i fedeli avevano piazzato una bandiera in cima a un alto pino per aiutare i pellegrini a orientarsi; nella zona si diffusero i briganti e avvenne una quarta traslazione, sul Monte Prodo, su un terreno dei fratelli Rinaldi, i quali, presi dall’avidità per il ricco afflusso di pellegrini, tentarono di ottenere la proprietà della Santa Casa, che alla fine, nel 1296, fu miracolosamente traslata, per l’ultima volta, dove si trova oggi: gli angeli la posero sulla pubblica strada che da Recanati va al suo porto, costringendo i magistrati a ordinare una deviazione del percorso.

I fatti erano insomma noti a tutti e la toponomastica, la presenza di iscrizioni, la costruzione di chiese, ecc., nei luoghi dove la Santa Casa era stata posta, stanno lì a testimoniarlo. Sia in Italia che a Tersatto, dove, tra le molteplici testimonianze, ci limitiamo a menzionare il santuario costruito nel XIII-XIV secolo a ricordo della permanenza della Santa Casa e della sua successiva e seconda traslazione, vissuta con dolore dai fedeli del luogo; lungo la scalinata del santuario croato si legge sul marmo: «Venne la Casa della Beata Vergine Maria da Nazaret a Tersatto, l’anno 1291, allì 10 di maggio e si partì allì 10 di dicembre 1294».

L’IPOTESI DEL TRASPORTO UMANO? UN FALSO STORICO

Le cinque traslazioni certe e improvvise, tra il 1291 e il 1296, fanno crollare come un castello di carta l’ipotesi odierna di un trasporto per mano umana, legato a una presunta famiglia “Angeli”. L’ipotesi prese piede nel XIX-XX secolo quando comparve dal nulla la copia di un supposto documento (senza originale) che parlava di “sante pietre” portate via dalla casa della Madonna e facenti parte della dote di tale Ithamar, sposatasi nel 1294 e figlia del despota dell’Epiro, Niceforo I Angeli-Comneno.

Un falso storico, prodotto da una famiglia palermitana di cognome De Angelis «per far credere che il suo casato derivasse dalla famiglia principesca “Angeli” dell’Epiro», come si legge nel recente libro Il Miracolo della Santa Casa di Loreto, di Federico Catani (Luci sull’Est, 2018), che al riguardo riferisce in sintesi le conclusioni di una pubblicazione del professor Andrea Nicolotti (del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino), secondo cui «il carattere sostanzialmente fasullo della storia e dei documenti bizantini prodotti dalla famiglia De Angelis deve indurre a sospettare fortemente della credibilità di tutte le fonti che essi accreditano». Inoltre, in quella copia si parla di alcune “sante pietre”, mentre nelle traslazioni da Nazaret a Tersatto e infine all’Italia c’è, fondamenta a parte, l’intera Santa Casa.

GLI STUDI STORICI E SCIENTIFICI

Ma torniamo alle evidenze storiche e archeologiche cui accennavamo. Innanzitutto, la Santa Casa è costituita da sole tre pareti perché, quando ancora a Nazaret, era appoggiata a una grotta con la quale costituiva un unico blocco abitativo. Le misure della casa di Loreto e lo spessore dei suoi muri corrispondono perfettamente alle fondamenta che si trovano a Nazaret, nel luogo che per 13 secoli è stato venerato dai fedeli come casa di Maria. Non solo: anche il perimetro delle pareti giunte a Tersatto, come venne messo per iscritto con atto notarile, corrispondeva perfettamente a quello di Nazaret. Poi, le pietre della Santa Casa sono tipiche della Palestina e lavorate con una tecnica specifica di quei luoghi. A ciò va aggiunto che nelle Marche non vi erano cave di pietra e tutte le costruzioni erano fatte in laterizi.

La collocazione della porta sulla parete lunga e l’orientamento dell’intera casa, con la finestra posizionata a ovest, sono assolute anomalie per gli usi edilizi del XIII secolo in terra marchigiana. Ricordiamo che l’ultima traslazione angelica si concluse con la posa della Santa Casa nel mezzo di una strada pubblica, uno dei molti particolari che rendono assurda l'idea che possa essere stata posta lì da uomini: inoltre, una parte è sporgente sul vuoto di un fosso, come poté constatare anche Giuseppe Sacconi, direttore dei lavori di restauro della Basilica Lauretana dal 1884 al 1905, il quale spiegò che «la Santa Casa sta parte appoggiata sopra l’estremità di un’antica strada e parte sospesa sopra il fosso attiguo». O ancora Federico Mannucci, in una relazione del 1922, stesa dopo le ricognizioni sul posto, scriveva che «i muri della S. Casa non hanno alcun fondamento né preparazione alcuna del terreno sottostante, che si presenta invece completamente disciolto e polveroso. Si può quindi certamente concludere che la Santa Casa non può essere fatta nel luogo dove si trova […]», aggiungendo il suo stupore per il fatto «straordinario» che, nonostante le suddette condizioni, «l’edificio della Santa Casa […] si conservi inalterato, senza il minimo cedimento e senza una benché minima lesione sui muri». Chi potrebbe fare tanto?

 

Le pietre della Santa Casa risultano saldate da una malta tipica della Palestina, formata con una tecnica sconosciuta all’Italia, e uniforme in tutti i punti: altro fatto che, come spiegava il docente di elettrochimica Emanuele Mor, esclude l’ipotesi di uno smontaggio e traslazione della casa per mano umana, perché «qualora fosse avvenuta una nuova rimessa in opera dei singoli blocchi di pietra, si sarebbe dovuta evidenziare per la differenza della composizione chimica della malta in questione».

PAPI E SANTI

A questa necessariamente sintetica esposizione degli studi che avvalorano la traslazione, anzi, le traslazioni miracolose, andrebbero aggiunti i molti pronunciamenti dei pontefici, che fin dai primi anni della Santa Casa in Italia concessero privilegi e indulgenze in onore della sua venuta, come per esempio nella bolla del 18 luglio 1310 di Clemente V, che nel ratificare un voto di fedeli tedeschi giunti in pellegrinaggio a Loreto metteva per iscritto il riferimento alla «miracolosa divina Vergine Lauretana». Senza numero anche i santi che si sono recati a Loreto per devozione, o hanno avuto il dono di essere testimoni della venuta della Santa Casa (san Nicola da Tolentino, che vide gli angeli trasportarla in terra marchigiana nel 1294, mentre era immerso nella preghiera) o ancora di essere edotti sulla sua traslazione miracolosa addirittura da Gesù (santa Caterina da Bologna, in una rivelazione del 25 marzo 1440).

Per quanto detto, san Pietro Canisio poteva scrivere nel XVI secolo che anche se «supponete per ipotesi impossibile che qui non si trovi nessun documento storico o tradizionale, che le testimonianze dei Sommi Pontefici e degli antenati non abbiano nessun valore; […] questi miracoli sono talmente frequenti che non si potrebbero contare, talmente visibili e abbaglianti che solo un’audacia senza misura potrebbe negarli».

 

(articolo tratto da "La Nuova Bussola Quotidiana")

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LA STELLA DEL MARE

Maria Valtorta, “I Quaderni del 1943”, 27 novembre 

 

Dice Gesù: 

 

«Il viaggio da Nazareth a Betlemme fu compiuto da Maria come se la stessa fosse circondata da una mistica clausura aperta solo verso il Cielo, che sempre più si avvicinava a Lei per esserle sopra con tutti i suoi splendori, le sue teorie angeliche, le sue armonie celesti, come velo di baldacchino regale trapunto di gioielli. 

 

Era già nell’estasi. E la folla che vedeva passare un uomo silenzioso conducente alla briglia un asinello cavalcato da una poco più che fanciulla tutta assorta in un suo pensiero interiore, si scostava perché pareva che una luce emanasse da quel gruppo e dietro ad esso rimanesse un profumo celeste. E non sapeva la folla spiegare il perché i più poveri fra essa paressero dei re davanti ai quali le folle si dividono in ossequio come onde di mare solcate da maestosa nave. 

 

Era la Stella del Mare che passava, era la nave portante la Pace che passava fra la guerra del mondo, era la Vincitrice che passava dove Satana aveva strisciato, per mondare la via al Verbo che veniva per ricongiungere Cielo a Terra. 

 

Pallida e mite andava incontro all’Amore, non più unicamente abbraccio di fuoco spirituale, ma tepore di carni vere che eran di donna ma che erano Dio, e quando Giuseppe rompeva quell’estasi, penetrandovi rispettoso come varcasse le soglie di Dio, per dare alla sua Donna conforto di cibo e riposo, non erano parole lunghe, ma solo uno sguardo, una parola: “Giuseppe!”, una stretta di mano, e in Giuseppe si rovesciava l’onda dell’estasi come da coppa colma fino al bordo. 

 

Le parole turbano l’atmosfera dove vive Dio. Né per i giusti occorrono parole per esser fatti persuasi della presenza di Dio e dei mirabili effetti di essa presenza in un cuore. 

 

O si crede o non si crede. Se avete Dio in voi credete poiché sentite Dio, oltre i veli della carne, vivente in una creatura. Se non avete Dio, nessuna parola può farvi persuasi della fusione di Dio ad un cuore umano. È la fede che dà capacità di credere, ed è il possesso di Dio che dà possibilità di vedere Dio vivente in un vostro simile. Non si può spiegare con metodo umano il mistero di Dio, i “perché” di Dio. Sono al disopra dei vostri metodi. Solo vivendo umilmente nel soprannaturale potete vedere, per lo spiraglio aperto dalla Bontà per voi, gli spirituali rapporti e gli estasianti contatti fra un’anima e Dio».

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Dai Quaderni di Maria Valtorta del 1943, 5 dicembre

Dice Gesù:

«Io non sono venuto (Mt 5,17) (Zc 7,4-14) a negare la Legge e i Profeti ma a confermarla e a perfezionarla modificando quelle inesattezze e soprastrutture che l’uomo vi aveva messo, parte per imperfezione propria e parte per umanità superiore all’anima.

L’uomo è portato a male intendere. Non è perfetto nei suoi sensi mistici e nei suoi sensi naturali. Solo vivendo in Me perfeziona i primi, essendo allora Io che opero in lui. L’uomo è anche portato a complicare le cose perché, nella sua tenace e indistruttibile superbia, è sempre attirato dalla seduzione di ritoccare anche l’opera di Dio.

Siete dèi (Sal 82,6) essendo figli di Dio. Ma Dio è sempre il Maggiore, il Perfetto, Colui che da Se stesso si genera. Voi siete i minori, coloro che divenite perfetti se vivete in Dio e che da Dio siete generati. Or dunque, perché volete sempre modificare con le vostre complicazioni ciò che Dio nella sua Semplicità, che è uno dei segni della sua natura, dà perfetto nella sua semplicità?

Quando sono divenuto Maestro ho trovato la Legge, in origine così chiara e lineare, divenuta un groviglio di imposizioni e una macia di formule che la rendevano impraticabile ai fedeli. Naturalmente pesi e formule erano per gli umili. I potenti, quelle formule e quei pesi li avevano creati, ma non li portavano.

Il sacerdozio, gli scribi e i farisei, mi fecero ribrezzo e sdegno. E se vidi fra loro qualche anima leale, che amai divinamente, vidi anche la turba degli altri, più numerosa di gregge di selvatici caproni che col loro puzzo ammorbavano dei loro mercati, delle loro falsità, empietà, durezze, la Casa del Signore, e rendevano il Signore qualcosa di terribile per i poveri della Terra.

Per Me digiunavano e sacrificavano quei sepolcri di fetore? No. Per averne utile umano e lode. Comodo era essere i Dottori della Legge e comodo essere del popolo eletto in Israele. Ma non vi era verità di desiderio e di offerta per attirare il Messia e le sue benedizioni.

E il Messia andò altrove, nella regione sprezzata, ma dove una Tutta Santa e un Giusto meritavano di accogliere e tutelare il Germe di Dio.

E ora, o figli, digiunate e pregate per interesse di Dio? No. Le vostre naturali privazioni, che potrebbero tenere posto di digiuno, non le sopportate con rassegnazione, ma ne fate fonte di odio e imprecazione continua e stolta e sacrilega. Le vostre preghiere sono sozze e sciancate dai vostri interni sentimenti e sono guardate da Dio come cose immonde messe sulla pietra dell’altare. Dio le incenerisce sperdendone il fumo contro terra.

Una volta di più Io vengo a ripetere la forma che dovete usare per presentare a Dio sacrifici e preghiere, il cui profumo puro salga dall’altare al trono di Dio come olocausto di vittima perfetta.

“Giudicate secondo verità, siate misericordiosi e compassionevoli verso i fratelli, quali che siano, non opprimete vedove e orfani, poveri forestieri, umili e deboli della Terra, non abbiate in cuore pensieri di astio, vendetta e male opere verso i vostri simili. Amate, insomma, perché l’amore è il compendio della Legge e chi ama tutto fa, e l’amore è l’incenso che rende profumate le ostie di propiziazione e l’acqua lustrale che deterge le pietre del vostro altare”.

Non indurite cuore e udito più di quanto già non l’abbiate. Non chiudete il cuore e l’udito alla Voce di Dio che parla attraverso i suoi “portavoce”, come un tempo l’indurirono gli antichi alla Voce di Dio parlante attraverso i Profeti.

Se non ascoltate Me, per giustizia Io non ascolterò voi, e cesserete di avermi per Dio, per Padre e Salvatore. Conoscerete allora l’ira del Signore piena e inesorabile e, avendo ricusato il Pane della Parola di Dio, morderete la polvere e come belve senza cibo vi sbranerete l’un l’altro morendo nell’orrore per conoscere un orrore ancor più tremendo ed eterno.»

Zc 8, 7.12.13.16.22

Dice Gesù:

«Salvatore delle genti, non posso non essere Salvatore del popolo mio. Mie per legge antica, mio per legge nuova.

Sono, umanamente, uscito da quella razza e se essa mi ha deriso, misconosciuto, tradito, ucciso, se essa ha fatto ciò avendo l’anima appesantita e avviluppata dal magma della colpa che il mio Sangue non lava, essendo questa razza ramo che non vuole innestarsi al ceppo della vite divina, non è meno vero che sono morto anche per essa, che su essa ho diritti di Re e amore di Creatore.

Con durezza e ferocia i padri dei padri di questi d’ora hanno respinto il dono dell’Eterno e chiesto il mio Sangue (Mt 27,25) a sfamare il loro odio verso la Verità. Con pazienza, con intelligenza, con forza e con bontà li attirerò a Me.

Le opere buone o inique dell’uomo servono sempre a un fine soprannaturale, perché la malvagità umana viene raccolta da Dio e al contatto delle sue mani si muta in strumento di bene. Nulla lascia intentato Dio nel suo lungimirante operare per raggiungere lo scopo che è quello di riunire in un unico nucleo gli umani per l’ultimo giorno, come da un unico nucleo si diramarono per la Terra dividendosi come rivoli che traboccano dalla coppa di una sorgente.

L’opera è già iniziata ed i persecutori che ledono e offendono ciò che è umano non sanno di stare creando con la loro iniquità il gran giorno del Signore, in cui come pecore disperse radunerò il mio immenso gregge ai piedi della Croce e ribattezzerò col nome di “agnelli” gli inselvatichiti figli del gregge che già fu mio, espellendo coloro che sotto il segno mio sono gli aspidi e i lupi della società umana.

Quando saprete riconoscermi e piangere col cuore contrito, Io muterò la secolare condanna di voi, deicidi, in perdono e benedizione, poiché non posso dimenticare il bene compiuto dai vostri Padri antichi, i quali dal Regno pregano per voi erranti. Spogliatevi dunque anche voi, che per primi avete avuto in dono la Legge, di ciò che è ingrato a Dio.

Gli stessi comandi che faccio ai miei nati dal mistico travaglio della Croce, li dico anche a voi che della croce vi siete fatti un sacrilego patibolo e una fonte di condanna.

Dite la verità e servite la Verità. Venite ad Essa. Battetevi il petto per coloro che l’hanno derisa ed hanno sperato di ucciderla. Hanno ucciso unicamente se stessi perché la Verità è immortale nella sua natura divina. Non ammantatevi delle insegne di essa per scopo umano. Ma una volta accostatala, amatela come sposa or ora conosciuta. Essa è quella che vi deve generare la Vita eterna. Ma non si può generare se di due non si fa una sola cosa perseguendo non piacere di sensi, ma santità di scopo. Siate onesti e sinceri con tutti e specie con Iddio, il cui occhio trivella i cuori e li passa parte a parte e li vede come e meglio di quanto lo scienziato e il batteriologo vedano nei vostri corpi le malattie che vi consumano e i germi che vi rodono.

Applicate l’amore alla verità nei rapporti con Dio e con l’uomo. Non tradite. Ha tradito or sono venti secoli uno della vostra razza, istigato e seguito da subdoli e malvagi. Levate quell’onta, che vi schiaccia da secoli, col vostro agire giusto e leale.

Per essere amati occorre farsi amare. Lo avete dimenticato molte, troppe volte. Amate la pace. È il segno del Cristo, che i vostri padri hanno ucciso attirando su voi la guerra che non ha termine e con pause di tregua esplode e risorge come morbo insanabile nel corpo della Terra e non vi dà sicurezza e riposo. Ora dovete imparare ad amarla questa pace per potere essere del Cristo e finire così l’eterno esodo della vostra razza.

Ogni zolla del mondo freme sotto il vostro piede e vi scaccia. Anche le vostre zolle antiche. Ma se Io, Signore del mondo, stenderò la mia Mano ed aprirò la mia Bocca a dire: “Basta! Costoro sono nuovamente miei”, la Terra più non potrà perseguitarvi. Le soprannaturali tende del Cielo saranno sopra di voi a protezione.

Ricordate quando per voi ho perseguitato i potenti, ho aperto il mare, ho fatto scaturire fonti nell’aridità dei deserti e piovere cibo dai cieli, quando ho messo i miei angeli ad aprirvi un varco fra i nemici per addurvi nella Terra che avevo promessa ai primi santi della Terra. Sono sempre quel Dio potente e pietoso (Es 14,21-31; 16;17,1-7; 23,20-23; 32,33-34; 33,1-2). Lo sono due volte di più ora che non sono solo il Padre Creatore ma il Figlio Salvatore, ora che la Terza Persona ha generato il miracolo della Incarnazione di un Dio per farne la Vittima espiatoria di tutta l’umanità.

Io vi attendo per poter dire: “Pace” alla Terra, e dire al Cielo: “Apriti ad accogliere i viventi. Il tempo è finito!”. Venite. Non ho cuore diverso, ora che sono in Cielo, di quello che avevo sul Golgota quando pregavo per i padri vostri e perdonavo a Disma (11 agosto e 31 ottobre).»

Dice Gesù a me:

«Ho dettato questo brano oggi che puoi scriverlo, invece di domani che non potresti farlo. Metti la data di domani. La collana dei dettati deve essere regolare come moto di pendolo. Un giorno si capirà meglio il perché dico di fare così. Ora riposa sul mio Cuore.»

5 dicembre ore 8 ant.ne

Più tardi dice Gesù:

«Abbi pazienza, anima mia. Non posso stare senza parlarti, perché parlare a chi mi ama costituisce la mia delizia, il mio desiderio, il bisogno del mio Cuore amante di voi.

Hai mai visto come fanno due sposi che realmente si amano? La sposa, mentre è in casa, guarda ogni momento l’orologio, corre alla finestra, per vedere se il tempo passa, per vedere se lo sposo torna dal suo ufficio. Lo sposo, non appena può, scappa a dire una parola d’amore alla sua sposa. L’ha appena lasciata e si sovviene che poteva dirle anche questo per farla felice, e se appena può corre a dirglielo. È l’amore che li sprona.

Anche io, non appena taccio, sento che ho altro da dirti. Vorrei parlarti notte e giorno, averti tutta per Me, vorrei che tu potessi dedicarti tutta a Me. Se sapessi come ti amo!

Ora senti. Anni or sono, leggendo gli scritti del mio servo Contardo Ferrini, ti chiedesti più volte perché nella mistica eri una analfabeta in che consisteva “la conversazione nei Cieli”.

Ecco: quando tu mi ascolti ed Io ti parlo, quando in luogo di murmure superficiale di preghiere Io ti rapisco nel fuoco delle rivelazioni e ti occupo di Me, quando tu mi dici: “Vieni, Gesù, a parlare alla tua serva”, quando gusti il sapore della mia Parola che deposito in te come in un forziere, in un’idria, perché tu la dia ai poveri e agli assetati della Terra, allora noi facciamo una conversazione nei Cieli.

Eri troppo legata alle formule, come quasi tutti i cattolici ferventi. Io ti ho slegata. Ho lanciato l’anima tua, fuor dal pelago delle circoscrizioni formulari, delle piccinerie delle pratiche, sugli spazi sconfinati del mistico mare dell’orazione. Ti ho avvolta, aspirata, rapita, indiata nel fuoco dell’orazione.

Eri un piccolo passero impastoiato. Ora sei un’aquila che spazia e domina e sale verso il Sole e lo fissa e ne è fortificata. Sali sempre più, come l’aquila a voli concentrici. In alto sono Io, Aquila eterna, che ti attendo per portarti, oltre i sensi, nel conoscimento d’amore.

Ubbidisci sempre al richiamo, con prontezza e fiducia. Abbandònati al vento dell’amore. Esso ti sostiene, non ti ostacola. Esso spira per portarti a Me da cui viene. Perditi, goccia d’acqua nel mio infinito oceano, perditi, favilla di luce nel mio sconfinato fulgore. Entra a far parte del tuo Dio e Signore, del tuo Sposo. Ti apro tutte le porte dei miei tesori perché tu li possegga.

Ti amo!»

5 dicembre ore 10 ant.ne

Dice Maria


«Parlando della Presentazione al Tempio, Luca (2,33) dice che “il padre e la madre restavano meravigliati delle cose che si dicevano del Bambino”.

Meraviglia diversa dei due coniugi. Io, alla quale lo Spirito Sposo aveva rivelato ogni futuro, meravigliavo soprannaturalmente adorando la Volontà del Signore che si vestiva di carne per volere redimere l’uomo e che si rivelava ai viventi dello spirito. Meravigliavo una volta di più che ad esser la Madre della Volontà incarnata Iddio avesse scelto me, sua umile ancella. Giuseppe meravigliava anche umanamente poiché egli altro non sapeva fuor di quello che le Scritture gli avevano detto e l’angelo rivelato (Mt 1,20-24). Io tacevo.

I segreti dell’Altissimo erano come deposti sull’arca chiusa nel Santo dei Santi e solo io, Sacerdotessa suprema, li conoscevo, e la Gloria di Dio li velava agli occhi degli uomini col fulgore suo insostenibile. Erano abissi di fulgore e solo l’occhio verginale baciato dallo Spirito di Dio poteva affissarli. Ecco perché eravamo, tanto io che Giuseppe, meravigliati. Diversamente, ma ugualmente (in ugual misura) meravigliati.

Ugualmente va interpretato così l’altro passo di Luca (Lc 2,50) : “Ma essi non compresero ciò che aveva lor detto”.

Io compresi. Sapevo prima ancora e, se il Padre permise la mia ambascia di madre, non mi velò il significato eccelso delle parole del mio Figlio. Ma tacqui per non mortificare Giuseppe a cui non era concessa la pienezza della grazia.

Ero la Madre di Dio, ma ciò non mi esimeva da essere moglie rispettosa verso il Buono che mi era amoroso compagno e vigile fratello. La nostra Famiglia non conobbe mende, in nessun motivo e campo. Ci amammo santamente preoccupati di una cosa sola: del Figlio.

Oh! Gesù restituì nell’ora della morte ogni conforto, come solo Egli lo poteva fare, al mio Giuseppe, in ricordo di tutto quanto aveva ricevuto da quel Giusto. Gesù è il modello dei figli, come Giuseppe lo è dei mariti. Molto dolore ho avuto dal mondo e per il mondo. Ma il mio santo Figlio e il mio giusto Consorte non fecero venire altre lacrime al mio occhio che non fossero quelle del loro dolore.

Quando Giuseppe non fu più al mio fianco, ed io fui la prima autorità terrena del Figlio mio, non mostrai più di non capire tacendo. Nessuno più si sarebbe mortificato di vedersi superato in comprensione, e a Cana (Gv 2,1-11) parlai. “Fate quello che Egli vi dirà” dissi, poiché sapevo che Gesù nulla mi nega e che dietro le sue parole sostenute già era il primo miracolo suscitato da me e offerto a me dal Figlio mio, come una candida rosa nata per prima su un rosaio a primavera.

Bisogna saper leggere il Vangelo, Maria. Gli uomini non lo sanno leggere. Io ti guiderò la mano e te lo spiegherò là dove il mio Gesù non te lo spiega. Sono la Mamma di tutti e due. Voglio che la mia bambina conosca il suo dolcissimo Gesù, Gesù nostro, come pochi lo conoscono.

Più lo conoscerai, più lo amerai. Più lo amerai a più mi farai felice.»

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STORIA DI UN’ANIMA

Santa Teresina di Lisieux (o del Bambino Gesù)

 

Manoscritto indirizzato alla Madre Maria di Gonzaga (61° parte)

 

Non è sempre con questi slanci di gioia che ho praticato la carità, ma all’inizio della mia vita religiosa, Gesù volle farmi sentire quanto è dolce vederlo nell’anima delle sue spose; così quando io guidavo Suor S. Pietro, lo facevo con tanto amore che mi sarebbe stato impossibile farlo meglio se avessi dovuto guidare lo stesso Gesù. La pratica della carità non mi è stata sempre così dolce, gliel’ho appena detto, Madre mia cara; per provarglielo, le racconterò alcune piccole battaglie che certamente la faranno sorridere. Per tanto tempo, all’orazione della sera, fui messa davanti ad una sorella che aveva una buffa mania, e penso... molte illuminazioni, perché si serviva raramente di un libro. Ecco come me ne accorgevo: Appena questa sorella era arrivata, si metteva a fare il suo strano rumorino che rassomigliava a quello che si farebbe strofinando due conchiglie una contro l’altra. Non c’ero che io che me ne accorgevo, perché ho l’orecchio estremamente fine (un po’ troppo talora). Dirle, Madre mia, quanto questo rumore mi stancava, è impossibile: avevo grande voglia di girare la testa e di guardare la colpevole che, sicuramente, non si accorgeva del suo tic, era l’unico mezzo di segnalarglielo; ma in fondo al cuore sentivo che era meglio soffrire quella cosa per l’amore del buon Dio e per non dare pena alla sorella. Restavo dunque tranquilla, cercavo di unirmi al buon Dio, di dimenticare il rumorino... tutto era inutile, sentivo il sudore che m’inondava ed ero costretta a fare semplicemente un’orazione di sofferenza, ma pur soffrendo, cercavo il modo di farlo non con irritazione, ma con gioia e pace, almeno nell’intimo dell’anima. Allora cercavo di amare il rumorino così sgradevole; invece di cercare di non sentirlo (cosa impossibile) mettevo la mia attenzione a sentirlo bene, come se fosse stato un affascinante concerto e tutta la mia orazione (che non era quella di quiete) passava ad offrire questo concerto a Gesù.

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Vegliate dunque perché non sapete a che ora verrà il vostro Signore (Luca 21,34-36)

(…) Come ai tempi di Noè, così avverrà alla venuta del Figlio dell'uomo. 

Nei giorni precedenti al diluvio, gli uomini mangiavano, bevevano, si sposavano, si accasavano, senza darsi pensiero del segno (Genesi 6-9) sino al giorno in cui Noè entrò nell' arca e si aprirono le cataratte dei cieli e il diluvio sommerse ogni vivente e ogni cosa. 

Anche così sarà per la venuta del Figlio dell'uomo. 

Allora due uomini saranno accosto nel campo, e uno sarà preso e uno sarà lasciato, e due donne saranno intente a far andare la mola, e una sarà presa e una lasciata, dai nemici nella Patria e più ancora dagli angeli separanti il buon seme dal loglio, e non avranno tempo di prepararsi al giudizio del Cristo

Vegliate dunque perché non sapete a che ora verrà il vostro Signore. 

Ripensate a questo: se il capo di famiglia sapesse a che ora viene il ladro, veglierebbe e non lascerebbe spogliare la sua casa. 

Quindi vegliate e pregate, stando sempre preparati alla venuta, senza che i vostri cuori cadano in torpore, per abuso e intemperanza di ogni specie, e i vostri spiriti siano fatti distratti e ottusi alle cose del Cielo dalle eccessive cure per le cose della Terra, e il laccio della morte non vi colga improvviso quando siete impreparati. 

Perché, ricordate, tutti avete a morire. 

Tutti gli uomini, nati che siano, devono morire, ed è una singola venuta del Cristo questa morte e questo susseguente giudizio, che avrà il suo ripetersi universale alla venuta solenne del Figlio dell'uomo. (…)

 

 Evangelo 596.48

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𝗖𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗮𝘃𝘃𝗶𝗰𝗶𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗮 𝗟𝘂𝗶

Alcune persone che stettero accanto a Gesù quando Egli passò facendo il bene sulla nostra terra, ci possono insegnare come trattare il Maestro. «Entrato [Gesù] in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: “Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente» (Mt 8, 5-6). La liturgia di oggi offre alla nostra considerazione questo episodio della vita del Signore. Quell’uomo buono, un gentile, soffre per la malattia di un servo del quale ha una grande stima. Vista l’amara impotenza che patisce per non essere in grado di aiutarlo, reagisce in maniera saggia e umile, piena di fede: va in cerca di Gesù e gli spiega con sincerità la causa della sua tristezza. Non è necessario che chieda nulla, gli basta esporre la sua situazione, aprirgli l’anima.

Anche noi abbiamo le nostre difficoltà e le nostre tristezze; abbiamo anche degli amici che vogliamo che siano curati; e noi stessi vogliamo sentire vicina la mano del Signore. Per questo reagiamo con fiducia, come ha fatto il centurione, e ci rivolgiamo a Gesù. È bello ricordare quanto bisogno di lui abbiamo e come egli desideri ardentemente aiutarci. È molto consolante sapere che in qualsiasi momento possiamo rivolgerci a Lui con assoluta semplicità: Gesù, ho una serie di cose che non riesco a risolvere e che mi tolgono la pace. Ho fede, ma riconosco che certe volte dovrei confidare di più in te; debbo ancora imparare a mettere la mia vita nelle tue mani in modo più completo.

Oggi vogliamo imitare il centurione del vangelo e aprire al Signore il nostro cuore. Rimanendo in silenzio, in dialogo con Gesù, gli presentiamo la nostra vita e le nostre necessità. E stiamo tranquilli, sapendo che ora se ne occupa anche lui.

 

𝗙𝗼𝗻𝘁𝗲: 𝗢𝗽𝘂𝘀 𝗗𝗲𝗶 - 𝗠𝗲𝗱𝗶𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗹’𝗔𝘃𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼 (𝘀𝘁𝗿𝗮𝗹𝗰𝗶)

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