I 15 Sabati del Rosario

Pubblicato il 27 luglio 2025 alle ore 17:00

 

DESCRIZIONE E STORIA DELLA DEVOZIONE
 

Prefazione

Il Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, per merito del fondatore, il beato Bartolo Longo (1922), è il centro che contribuì alla diffusione della pratica dei Quindici sabati del Rosario. Fu il Beato stesso a ricordarne la storia: questa pratica viene dalla Francia e risale al 1627.

Il re Luigi XIII, impegnato in una lotta contro gli eretici Calvinisti e Ugonotti, invitò alla recita del Rosario. La prima recita pubblica, alla presenza di principi e cardinali, ebbe luogo il 27-5-1627 nella chiesa dei PP. Domenicani a Parigi. Si continuò poi in tutti i sabati. Gli eretici, asserragliati nella fortezza di la Rochelle, dopo un lungo assedio, furono costretti alla resa.  Il successo militare e la devozione dei fedeli ispirarono la devozione detta: “Voto dei quindici sabati”, propagandata ovunque dai PP. Domenicani. Tale devozione è accreditata da grazie straordinarie ed indulgenze.

In cosa consiste la pratica dei Quindici sabati del Rosario? Essa consiste nell’impegno di accostarsi alla S. Comunione per 15 sabati consecutivi, di recitare almeno una terza parte del Rosario, di meditare un certo spazio di tempo i misteri — a cui conformarsi nella vita pratica — e di santificare quella giornata. Tutto questo allo scopo di ottenere dalla Vergine qualche grazia speciale.

Nel Meridione veniva praticata nelle chiese domenicane. Una devota marchesa, Filiasi di Somma, per meglio diffondere la pratica aveva tradotto dal francese un libretto, esauritosi in breve tempo. Bartolo Longo (terziario domenicano) la incontrò quando le chiese una offerta per il costruendo santuario di Pompei. Il discorso cadde sui Quindici sabati del Rosario e la marchesa lo invitò a ristampare il libretto. Il santo notò trattarsi di un testo devozionale ben misero: un breve pensiero su ogni mistero accompagnava la preparazione ed il ringraziamento alla S. Comunione. Devoto del Rosario e di S. Domenico (alla sua conversione aveva contribuito il domenicano P. Radente, suo confessore), pensò a qualcosa di più consistente. Stese così: “La devozione dei quindici sabati in onore del SS.mo Rosario” (Napoli, 1877); comprendente tre parti: “Le glorie del Rosario contro i protestanti”, “Ammaestramenti per infervorare alla pratica dei quindici sabati”, “Metodo pratico per ben fare i quindici sabati”.

Il libro ebbe una singolare fortuna in tutta l’Italia per l’erudizione e lo spirito di pietà di cui era pervaso. Le edizioni si susseguono quasi annualmente, ampliate ed elaborate. Nel 1884 era giunto alla 4″ edizione in 2 volumi; nel 1887 alla 7°, in 15.000 copie. Nell’8° iniziò la pubblicazione separata delle meditazioni e apparecchio alla S. Comunione. Il 1900 vide la 16″ edizione. Vivente l’autore (1926), se ne diffusero centinaia di migliaia di copie, tradotte in parecchie lingue. Il Italia se ne stamparono in media 10.000 all’anno. Nel 1941 uscì la 54″ edizione e nel 1981 la 75″.

Rispetto alla versione originale, il Beato Bartolo Longo dà maggior contenuto alla pratica dei Quindici sabati del Rosario:

  • Suggerisce di iniziarla 15 sabati (o domenica, per gli impediti) prima della festa del Rosario, anche se la pratica non è legata a date.
  • Propone per ogni sabato la meditazione di un mistero del Rosario suddivisa in tre punti e comprendente gli episodi evangelici connessi col mistero; inserendovi, per quelli dolorosi, qualche particolare attinto dalla tradizione e da rivelazioni private.
  • Ogni meditazione è accompagnata da affetti utili per la preparazione e il ringraziamento alla S. Comunione.
  • Propone virtù da imitare o mortificazioni da compiere.
  • Espone più esempi di Santi, tutti appartenenti all’ordine Domenicano.
  • Suggerisce di continuare per tutta la settimana la meditazione del mistero e le risoluzioni pratiche prese nella S. Comunione.

Le meditazioni sono essenzialmente cristologiche, anche se costantemente è evocata la presenza di Maria e la sua unione a Cristo, ed è richiesto il suo aiuto per una più intima unione a nostro Signore. Devozione quindi quanto mai seria teologicamente ed efficace nella sua impostazione.

I vantaggi li richiama lo stesso Beato:

  • rendere impressa la vita di Gesù e di Maria, cioè il Vangelo in compendio;
  • acquistare l’abitudine di meditare la Passione di Gesù ed i dolori di Maria , i più atti ad accendere l’amore per essi;
  • nominare 150 (o 50) volte il nome di Gesù; giusta riparazione alle innumerevoli bestemmie contro il Santo nome di Dio;
  • arricchire la Comunione riparatrice con il Rosario;
  • conformarsi a Gesù e Maria praticando le loro virtù;
  • mortificare le passioni;
  • conversare familiarmente con Gesù e Maria;
  • essere sollecitati dai numerosi esempi all’amore a Cristo, alla Vergine all’esercizio delle virtù cristiane.

Fa specie notare come, in ordine al Rosario, il Beato richiami e dia significato a tutti i particolari, diciamoli così, materiali:

  • I tre ordini di misteri dell’unico Rosario richiamano l’unità e Trinità di Dio e la triplice verginità di Maria.
  • Le 50 Ave, (un terzo del Rosario) vengono riferiti ai 50 anni del Giubileo e significano la remissione dei peccati.
  • I 5 Padre nostro onorano le cinque piaghe del Signore.
  • Le 10 Ave ricordano i 10 Comandamenti.
  • Le 150 Ave si ricollegano ai 150 Salmi ed alle 150 foglie della rosa di Gerico (Maria, rosa mistica).
  • I 15 misteri evocano i 15 salmi graduali, i gradini del Tempio di Gerusalemme, le 15 caratteristiche della virtù della carità enumerate S. Paolo.

Si noterà l’affinità dei Quindici sabati del Rosario con le devozioni dei Primi 9 venerdì e dei Primi 5 sabati; come pure con il mese di maggio per la meditazione, l’esercizio pratico e l’esempio. La pratica non è legata a rivelazioni, ad associazioni, o a determinati tempi. Ciascuno la compie singolarmente e la ripete per la grazia che di volta in volta desidera ottenere. Devozione solida, degna di un santo.

Tratto da:” Le devozioni del popolo” di Pio della Valentina ed. Editrice Domenicana Italiana

 

 

Norme per fare bene i Quindici sabati del Rosario – Indulgenze annesse

La pratica dei Quindici sabati del Rosario consiste nell’impegno di rivivere per quindici sabati consecutivi i quindici misteri del Rosario, che sono, in sintesi, la storia della nostra salvezza, il Vangelo che si prega con la Madre di Dio.

Quel che emerge soprattutto, in questa pia pratica, è
– la partecipazione all’Eucaristia, memoria del Figlio di Dio incarnato, morto e risorto;
– quindi la meditazione approfondita di un mistero per ogni singolo sabato, e la recita del Rosario intero, o, per lo meno, della terza parte.

Va da sé che, avendone bisogno, alla partecipazione dell’Eucaristia si premetterà la Confessione sacramentale. Questa pratica vuol essere un aiuto per vivere una particolare atmosfera spirituale crescendo nell’amore di Dio e della Madre Divina. In questo clima l’anima è facilmente indotta a fare grandi passi e certamente scopre nuovi orizzonti nel campo dello spirito. Quando poi situazioni difficili o esigenze particolari toccano la nostra sensibilità e più urgente è il bisogno del ricorso all’aiuto divino, i Quindici sabati del Rosario sono un mezzo che la spiritualità cristiana ha scoperto per ottenere risposte dal Cielo. La storia della nuova Pompei è tutta un intreccio di questi richiami e queste risposte in cui la mediazione della Madre Divina emerge mirabilmente. Bartolo Longo, apostolo del Rosario, è anche apostolo dei Quindici sabati che diffuse, ai suoi tempi, in tutto il mondo, profondendo nelle pagine da lui compilate una spiritualità affascinante.

Ora vorremmo domandarci: è attuale questa devozione? Può darsi che oggi, dopo la riforma liturgica e le nuove esperienze del contatto personale con la Parola, qualcuno riconosca un minore mordente alla pratica dei Quindici Sabati. Ma per rispondere basterà far notare che i vari punti dettati dal Beato Bartolo Longo sono autentiche spinte alla contemplazione, a fare che la Parola diventi la nostra preghiera con Maria. D’altronde, se la storia non può essere smentita, quanto ci ha narrato con vivacità di stile e precisa documentazione l’apostolo dei Quindici Sabati è la risposta più semplice ma anche la più convincente: quella del prodigio che è garanzia di Dio. Ne daremo testimonianza al termine delle meditazioni di ciascun sabato, riportando le narrazioni autentiche del Beato.

 

In quale periodo dell’anno si pratica la devozione dei Quindici sabati del Rosario

Qualunque periodo dell’anno si presta per questa santa devozione, ma nel Santuario di Pompei la si suole premettere alle due grandi giornate dell’8 maggio e della prima domenica di Ottobre, quando, alle ore 12, a Pompei e simultaneamente in molte chiese del mondo, si recita la Supplica alla B. V. del Rosario.

Per l’8 maggio, l’inizio è all’ultimo sabato di gennaio, eccetto l’anno in cui l’8 maggio cade di sabato. In questo caso si anticipa al penultimo sabato di gennaio.

Per la Prima Domenica di Ottobre, l’inizio dei Quindici sabati del Rosario corrisponde all’ultimo sabato di giugno. Chi fosse impedito in giorno di sabato può optare per la domenica. Farebbe quindi le Quindici Domeniche. Infine, in casi particolari, si può anche riassumere la pia pratica in quindici giorni consecutivi.

 

Utilità dei Quindici sabati del Rosario

Un Sommo Pontefice Leone XIII, nella famosa Enciclica sul Rosario del l° settembre 1883, Supremi Apostolatus officio, scriveva: “Il bisogno dell’aiuto divino non è oggi minore di quanto non lo fosse al tempo in cui S. Domenico, per risanare le piaghe della società, introdusse l’uso del Rosario. Egli, illuminato dall’alto, capì non esservi allora rimedio più efficace che ricondurre gli uomini a Cristo invitandoli a contemplare con frequenza i misteri della Redenzione e ricorrendo nella mediazione di Maria che ha il potere di estirpare tutte le eresie. Quindi egli compose la formula del S. Rosario in modo da poter contemplare per ordine i misteri della nostra salvezza intrecciando a questa meditazione un mistico serto di Ave Maria e la preghiera al Padre insegnataci da nostro Signore Gesù Cristo. Noi dunque, cercando per un male non dissimile lo stesso rimedio, non dubitiamo che questa stessa preghiera, introdotta dal santo Patriarca con tanto vantaggio del mondo cattolico, sarà efficacissima per fronteggiare la difficile situazione dei nostri tempi”. Ed affermava: “Desidero che tutto il popolo cristiano riprenda l’antica consuetudine di recitare quotidianamente il Rosario alla SS. Vergine”.

I Predecessori avevano pensato ugualmente. Il Pontefice dell’Immacolata, Pio IX, nel suo Breve del 3/12/1869, scriveva: “Come S. Domenico adoperò la preghiera quale invitta spada per abbattere la nefasta eresia degli Albigesi … così i fedeli, forniti di questa armatura, cioè della quotidiana recita del Rosario della Beata Vergine, più agevolmente potranno ottenere di sradicare tanti errori che oggi imperversano dappertutto …”.

Urbano VI attestò che per il Rosario piovono ogni giorno benedizioni sul popolo cristiano.

Leone X testimoniò: “Il Rosario venne istituito come opportuno rimedio contro i mali che sovrastano il mondo”.

Nel 1812 le Cortes di Spagna solennemente dichiararono che Domenico di Gusman non oppose agli eretici altre armi che l’orazione, la pazienza e l’istruzione.

Ora, tanto Leone XIII quanto tutti gli altri Pontefici alludono al Rosario, cioè di quindici decadi con la meditazione dei misteri.

Nella nuova Raccolta delle Indulgenze emanata dalla Penitenzieria Apostolica il 16 luglio 1999 (LEV, Città del Vaticano 1999, pp.67-68), alla recita del Rosario è concessa l’indulgenza plenaria alle seguenti condizioni:

“§ 1. Si concede l’indulgenza plenaria al fedele che:

1° Recita devotamente il Rosario mariano in chiesa od oratorio, oppure in famiglia, in una Comunità religiosa, in una associazione di fedeli e in modo generale quando più fedeli si riuniscono per un fine onesto;

2° si unisce devotamente alla recita di questa preghiera, mentre viene fatta dal Sommo Pontefice, e trasmessa per mezzo della televisione e della radio.

Nelle altre circostanze invece l’indulgenza è parziale.

Il Rosario è una pratica di pietà nella quale alla recita di quindici decadi di Ave, Maria, intercalate dal Padre nostro, si unisce rispettivamente la pia meditazione di altrettanti misteri della nostra redenzione.

Per l’indulgenza plenaria annessa alla recita del Rosario mariano si stabiliscono queste norme:
a) è sufficiente la recita della sola terza parte; ma le cinque decadi devono recitarsi senza interruzione;

b) alla preghiera vocale si deve aggiungere la pia meditazione dei misteri;

c) nella recita pubblica i misteri devono essere enunziati secondo l’approvata consuetudine vigente nel luogo; invece in quella privata è sufficiente che il fedele aggiunga alla preghiera vocale la meditazione dei misteri”.

Non a tutte le altre pratiche di pietà è concesso questo privilegio. Ad esempio, la Liturgia delle Ore da un lato costituisce un “dovere” (e un atto di culto pubblico) per i presbiteri, i religiosi ed altre persone indicate dal Papa: ma questo atto liturgico per i fedeli laici diventa solo una bella preghiera, che non gode delle stesse indulgenze accordate al Santo Rosario.

 

LE MEDITAZIONI
DEL BEATO BARTOLO LONGO PER
I QUINDICI SABATI DEL ROSARIO

 

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Le meditazioni del Beato Bartolo Longo
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