ORA SANTA CON PADRE PIO DA PIETRELCINA
AGONIA DI GESù NELL'ORTO
«La croce è sempre pronta e ti aspetta dovunque »
Imitazione di Cristo
I vari scritti di Padre Pio, e particolarmente questo presente, s'inquadrano nella visione spirituale
francescana, la quale pone al centro Cristo, l'Uomo Dio, che congiunge i due estremi: Dio Trinità e
l'uomo. Come pure sono di attualità secondo l'insegnamento conciliare: «In realtà solamente nel
mistero del Verbo Incarnato trova luce il mistero dell'uomo... svela anche l'uomo all'uomo e gli fa
nota la sua altissima vocazione. Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte trovino in
Lui (Gesù) la loro sorgente e tocchino il loro vertice... Con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è unito
in certo qual modo ad ogni uomo... si è fatto veramente uno di noi» (Costituzione: «Gaudium et spes», n. 22).
La presente pubblicazione va letta con la mente ed il cuore del pio autore. è inutile cercarvi bellezze
letterarie, perché quando Padre Pio la scrisse (191820) non pensava di doverla dare alle stampe. La
contemplazione di Gesù nell'Orto, così come vista da Padre Pio, arrivi a commuovere i nostri cuori
e li trasformi in realtà di vita «in Cristo Gesù». Essa concorra ad affrettare quel rinnovamento
interiore proposto dal Concilio Vaticano II ed ardentemente auspicato dal regnante Pontefice in
questo «Anno della Fede».
S. Giorgio del Sannio (Benevento), Festa del P.N.S. Francesco del 1967, padre Ezechia Cardone, O.F.M.
Divinissimo Spirito, illuminami ed infiammami nella meditazione della Passione di Gesù,
aiutami a penetrare questo mistero di infinito amore e dolore di un Dio, che, rivestito della
nostra umanità, soffre, agonizza e muore per amore della creatura!... L'Eterno, l'Immortale
che si abbassa, si umilia fino a subire il più immenso martirio, l'ignominiosa morte di
Croce fra insulti, disprezzi ed obbrobri per salvare la creatura che l'offese e si ravvolse nel
fango della colpa. L'uomo gioisce nella colpa ed il suo Dio per il peccato s'attrista, pena,
suda Sangue, fra terribili agonie di spirito.
No, non potrò io addentrarmi in questo pelago sconfinato d'amore e di dolore se con la
Tua grazia non mi sostieni. Ch'io possa penetrare nell'intimo del Cuore di Gesù per
leggervi l'essenza delle Sue amarezze che Lo ridusse a morte lì nell'Orto; ch'io possa
confortarlo col mio amore nell'abbandono del Padre e dei suoi. Ch'io possa unirmi a Lui
per espiare con Lui.
Addolorata Mamma Maria, uniscimi con Te, per seguire Gesù e condividere le Sue pene
ed i Tuoi dolori...
Angelo mio Custode, custodisci le mie facoltà e tienile raccolte in Gesù Penante, affinché
non vaghino lontano da Lui. Così sia.
I
Giunto al termine della sua vita terrena il Divin Redentore, dopo averci lasciato tutto Se
stesso in cibo e bevanda nel Sacramento d'Amore e nutriti i Suoi Apostoli delle Sue Carni
Immacolate, si avvia con i Suoi all'Orto degli Ulivi, luogo noto ai discepoli ed allo stesso
Giuda. Lungo il tragitto, che mena dal Cenacolo all'Orto, Gesù ammaestra i Suoi discepoli;
li prepara alla prossima separazione, all'imminente Sua Passione e li prepara a subire per
amor suo calunnie, persecuzioni e la stessa morte; a ricopiare in loro Lui, Modello Divino.
« Io sarò con voi». E voi non vi turbate, o discepoli, perché la Divina promessa non verrà
meno; la prova l'avrete nella presente ora solenne.
Egli è là per dare inizio alla Sua dolorosa Passione; più che pensare a Sé, è tutto premura
per voi.
O quale immensità d'amore racchiude quel Cuore!... Il Suo Volto è soffuso di mestizia e
di amore insieme; le Sue parole partono dall'intimo del Suo Cuore. Egli parla con
profusione di affetti, incoraggia, conforta e promette confortando, spiega i più profondi
misteri della Sua Passione.
Sempre, o Gesù, mi ha toccato il cuore questo Tuo viaggio dal Cenacolo all'Orto, per
l'espansione di un amore che si profonde e si fonde con gli amanti suoi per l'espansione di
un amore che si avvia ad immolarsi per gli altri, per riscattarli dalla schiavitù. Tu l'hai
insegnato che non vi è maggior prova d'amore che dare la propria vita per gli amici, e Tu
sei ora per suggellare questa prova d'amore con l'immolazione della Tua vita.
Chi non rimane compreso da sì generosa oblazione?
Appressatosi il Divino Maestro all'Orto licenzia i discepoli, prendendone solo tre, Pietro,
Giacomo e Giovanni, per renderli testimoni delle Sue pene. Proprio quei tre che Lo videro
trasfigurato sul Tabor tra Mosé ed Elia e Lo confessarono Dio, avrebbero ora la forza di
riconoscerlo UomoDio tra pene e tristezze mortali? Entrato nell'Orto dice loro: «restate
qui, vegliate e pregate affinché non entriate in tentazione»; state all'erta, par che dica loro,
perché il nemico non dorme: premunitevi contro di lui con l'arma della preghiera, affinché
non possiate essere coinvolti ed indotti nel peccato. E' l'ora delle tenebre. Ciò
raccomandato, si allontana da loro quanto un tiro di pietra, e si prostra a terra.
Egli è estremamente triste: l'anima Sua è in preda ad indescrivibile amarezza. La notte è
alta e limpida, la luna splende nel cielo, lasciando nella penombra l'Orto, sembra che
proietti sulla terra sinistri bagliori, precursori di cose gravi e sinistri avvenimenti, che
fanno rabbrividire e gelare il sangue nelle vene, sembra come tinta di sangue; un vento,
come foriero di prossima tempesta, agita gli ulivi, unito a quel fruscio di foglie penetra
nelle ossa come annunzio di morte, scendendo fino nell'anima, riempiendola di mortale
mestizia.Notte la più orrenda che non ne sorgerà mai più una eguale!...
Che contrasto, o Gesù! Come fu bella la notte del Tuo Natale quando gli Angeli tripudianti
annunziarono la pace, cantando gloria; ed ora parmi che mesti Ti fanno corona tenendosi
a rispettosa distanza, come rispettando la suprema angoscia del Tuo spirito.
E' questo il luogo ove giunse Gesù per pregare. Egli priva l'umanità sacrosanta della forza
che le conferiva la Divinità, sottomettendola a tristezza indefinibile, a debolezza estrema,
a mestizia ed abbandoni, a mortale angoscia. Lo Spirito Suo nuota in esse come in mare
sconfinato, che par che ad ogni istante è per sommergersi. Rappresenta al Suo Spirito tutto
il martirio della Sua imminente Passione, che come un torrente straripante si riversa nel
Suo Cuore e lo martoria, l'opprime e lo dilania. Vede Egli per prima Giuda, discepolo suo,
tanto da Lui amato, che Lo vende per sole poche monete, ch'è per appressarsi all'Orto per
tradirlo e consegnarlo in mano dei nemici. Lui!... L'amico, il discepolo che poc'anzi aveva
satollato delle Sue Carni... prostrato dinanzi a lui gli aveva lavati i piedi e stretti al Suo
Cuore, li aveva con fraterna tenerezza baciati, come se a forza di amore volesse
distoglierlo dall'empio e sacrilego proposito o almeno, che commesso l'insano delitto,
rientrato in sé, rammentandosi delle tante prove d'amore, si fosse pentito e salvato. Ma no,
egli si perde e Gesù piange la sua volontaria perdita. Si vede legato, trascinato dai suoi
nemici per le vie di Gerusalemme, per quelle stesse vie ove pochi giorni innanzi era
passato trionfalmente acclamato quale Messia... Si vede dinanzi ai Pontefici percosso,
dichiarato da essi reo di morte. Lui, l'autore della vita, si vede ancora condotto da un
tribunale all'altro in presenza di giudici che Lo condannano: vede il popolo Suo, da Lui
tanto amato e beneficato, che L'insulta, Lo maltratta e con urli infernali, con fischi, con
schiamazzi ne chiede la morte e la morte di Croce. Ne ascolta le ingiuste accuse, vedesi
condannato ai flagelli più spietati: si vede coronato di spine, deriso, salutato qual re da
burla, schiaffeggiato...
Si vede infine condannato alla ignominiosa morte di Croce e salire il Calvario: sfinito sotto
il peso di essa, cadere più volte a terra esangue... Si vede, giunto al Calvario, denudato,
disteso sulla Croce; crocefisso spietatamente, elevato su di essa, a vista di tutti; appeso a
tre chiodi che Gli squarciano e Gli dislogano le vene ed ossa e carne... Oh! Dio, che lunga
agonia di tre ore che dovrà straziarlo fra gli insulti di tutto un popolo folle e spietato.
Vede la Sua gola e le Sue viscere bruciarsi dall'ardente sete e vede a questo straziante
martirio aggiungersi l'abbeveramento di aceto e fiele.
Vede l'abbandono del Padre, la desolazione della Madre appié della Croce. In ultimo la
morte ignominiosa, fra due ladri, uno che Lo riconosce e Lo confessa quale Dio e si salva,
l'altro che Lo bestemmia e l'insulta e muore disperato. Vede Longino che si appressa e per
sommo insulto e disprezzo, Gli squarcia il costato e... come tutti i mortali ancora subisce
l'umiliazione del Sepolcro.
Tutto, tutto è schierato innanzi a Lui a tormentarlo e Gesù si atterrisce; e questo terrore si
impossessa del Suo Cuore Divino e Lo attanaglia dilaniandolo. Egli trema come preso da
febbre altissima, lo spavento si impossessa ancora di Lui ed il Suo Spirito languisce inmortale tristezza. Egli l'Agnello innocente, solo, abbandonato in mano dei lupi, senza
alcuna difesa... Egli, il Figlio di Dio... L'Agnello votatosi spontaneamente al sacrificio per
la gloria di quello stesso Padre che L'abbandona al furore delle potestà infernali, per la
Redenzione del genere umano; di quelli stessi suoi discepoli, che vilmente Lo
abbandonano e fuggono da Lui come l'essere più pericoloso. Egli, il Verbo eterno di Dio,
ridotto alla favola dei suoi nemici...
Ma Egli si ritrae?... No, sin dal principio tutto generosamente abbraccia senza riserva.
Com'è, e da che questo terrore?... Questo mortale spavento?... Ah! Egli ha esposto
l'umanità Sua come bersaglio a ricevere su di Sé tutti i colpi della divina giustizia lesa per
il peccato. Egli sente al vivo nel nudo spirito tutto ciò che deve soffrire, ogni singola colpa
che deve espiare con singola pena e si abbatte perché ha lasciata l'umanità Sua in preda a
debolezza, a terrori, a spaventi.
Sembra agli estremi... Egli è prostrato col volto sulla terra dinanzi alla Maestà del Padre
Suo. Quella divina Faccia, che tiene estasiati in eterna ammirazione di Sua Bellezza gli
Angeli ed i Santi del cielo, e sulla terra tutta sfigurata. Mio Dio! Mio Gesù! Non sei Tu il
Dio del cielo e della terra, eguale in tutto al Padre Tuo, che Ti umilii sino al punto di perder
quasi le sembianze dell'uomo?...!
Ah... sì, lo comprendo, è per insegnare a me superbo che, per trattare col Cielo, devo
inabissarmi nel centro della terra. E' per riparare ed espiare la mia alterigia, che Tu Ti
profondi così, dinanzi al Padre Tuo; è per piegare il Suo pietoso sguardo sulla umanità,
ritrattolo per la sua ribellione a Lui. E per la Tua umiliazione Egli perdona alla creatura
superba. E' per pacificare la terra col Cielo, che Tu ti abbassi su di essa, come per darle il
bacio di pace. O Gesù, che sii sempre e da tutti benedetto e ringraziato per tanti Tuoi
abbassamenti ed umiliazioni con cui ci hai donato Dio ed a Lui ci hai unito in un amplesso
di santo amore.
Il
Gesù si alza e volge al Cielo lo sguardo supplichevole e mesto; eleva le Sue braccia e
prega. Mio Dio, di quale pallore mortale è soffuso quel volto!... Egli prega quel Padre che
pare volgere altrove lo sguardo e pronto soltanto a colpirlo colla sua vindice spada ed in
tutto il Suo furore qual Dio offeso. Egli prega con tutta la fiducia di Figlio, ma conosce
appieno l'Ufficio che Egli sostiene. Riconosce essere, il solo per tutti, l'oltraggiatore della
Divina Maestà. Riconosce essere il solo che con il sacrificio della sua vita può soddisfare
la Divina Giustizia e riconciliare la creatura con il Creatore. Egli lo vuole ed efficacemente
lo vuole. Ma la natura è atterrita in vista della sua amara Passione. Tutto vuol respingere,
ma lo Spirito è pronto alla immolazione e ne sostiene la lotta con tutte le sue forze. Si
sente abbattuto, ma Egli lotta accanitamente.Mio Gesù, come potremo noi attingere forza da Te, se Ti vediamo così sfinito ed abbattuto?
Comprendo sì: tutte le nostre debolezze hai prese per Te. E' per conferire a noi la Tua
forza che Ti abbatti così. E' per insegnare a noi che dobbiamo solo in Te la nostra fiducia
nelle lotte della vita, anche quando ci sembra che il Cielo sia chiuso per noi.
Gesù estremamente oppresso grida al Padre: «Se è possibile passi da Me questo Calice».
E' il grido della natura che, oppressa, fiduciosa ricorre all'aiuto del Cielo. Pur sapendo che
non sarà esaudito in ciò che domanda, perché Egli così vuole, Egli prega. Mio Gesù, qual
ne è la ragione perché Tu chiedi quello che non vuoi Ti sia concesso? Il dolore e l'amore.
Ecco il grande segreto. Il dolore che Ti opprime Ti porta a chiedere aiuto e conforto, ma
l'amore per soddisfare la giustizia divina e ridarci a Dio, Ti porta a gridare: «Non la Mia,
ma la Tua volontà sia fatta». A questa preghiera il Cielo si mantiene duro come di bronzo.
Il Suo Cuore esulcerato ha bisogno di conforto: l'abbandono in cui versa, la lotta che da
solo sostiene pare che Lo facciano andare in cerca di chi Lo conforti. Lentamente dunque
si alza da terra e, quasi barcollante, muove il passo. Si avvia verso i discepoli in cerca di
conforto. Essi, vissuti per tanto tempo con Lui, essi, i suoi confidenti, potranno
comprendere il Suo interno affanno ed a quale cimento va incontro per condurlo a fine.
Essi sapranno trovare per Lui un po' di conforto.
Ma! O delusione!... Li trova immersi in profondo sonno, sentesi di più di essere solo in
quella sconfinata solitudine del Suo Spirito. Si avvicina loro, li chiama e, dolcemente volto
a Pietro, dice: « Simone, tu dormi?... ». Tu che protestavi volermi seguire fino alla morte
e dare la vita per Me, tu dormi? E rivolto agli altri aggiunge: «Così dunque non avete
potuto vegliare una sola ora con Me! ...». Lamento d'Agnello votato all'immolazione, di
un cuore che soffre ferito intensamente... solo, senza conforto...
Ma si ridesta come da un abbattimento e, come dimentico di Sé e di ciò che soffre, tutto
premura e carità per essi, soggiunge: «Vegliate e pregate affinché non entriate nella
tentazione». Par che voglia dire: Se così presto vi siete dimenticati di Me, che lotto e
soffro, vegliate e pregate almeno per voi. Ma essi aggravati dal sonno, appena
percepiscono la voce di Gesù, appena Lo distinguono come un'ombra, tanto che non
rilevano il Suo Volto sfigurato dall'interna ambascia che Lo martoria... O Gesù, quante
anime generose ferite da questo Tuo lamento Ti hanno fatto compagnia lì nell'Orto,
partecipando alle Tue amarezze ed alle Tue angoscie mortali... Quanti cuori nel volgere
dei secoli, hanno risposto generosamente al Tuo invito... Ti sia di conforto dunque, in
questa ora suprema, questa schiera di anime che meglio dei discepoli condividendo con
Te l'ambascia del Tuo Cuore coopereranno con Te alla propria ed altrui salute. E fa' che
anch'io entri nel numero di costoro per poterti prestare anch'io un qualche sollievo.
III
Gesù è tornato al Suo luogo di preghiera ed un altro quadro più orrendo del primo Gli si
presenta. Tutti i nostri peccati con tutte le loro brutture si schierano dinanzi a Lui in tutti i
loro particolari. Vede tutta la malvagità e la malizia delle creature nel commetterli.
Conosce Egli fino a qual punto questi peccati ledono ed oltraggiano la Maestà di Dio.
Vede tutte le nefandezze, le immodestie, le bestemmie che si elevano dalle labbra delle
creature accompagnate dalla malizia dei loro cuori, di quei cuori e di quelle labbra create
per sciogliere al Creatore soltanto inni di lode e di benedizione. Vede i sacrilegi di cui si
imbrattano, e sacerdoti e fedeli, noncuranti di quei Sacramenti istituiti per la nostra
salvezza e come mezzi necessari di comunicazione di grazie divine, fatti mezzi invece di
peccati e di condanna per le anime. E di tutto questo immondo ammasso di corruttela
umana Egli deve rivestirsi e presentarsi dinanzi alla Santità del Padre Suo, per espiarli tutti
con singole pene, per rendergli tutta quella gloria che Gli hanno tolta, per mondare quella
cloaca umana in cui con indifferenza sprezzante si ravvolge.
E tutto questo non Lo fa indietreggiare. Come un mare fluttante questo ammasso Lo
inonda, Lo investe, L'opprime. Eccolo dinanzi al Padre Suo affrontare tutto lo sdegno della
Sua divina giustizia. Egli l'essenza della purezza, la santità per natura a contatto col
peccato!... Anzi come divenuto peccatore Lui stesso. Chi può comprendere il disgusto che
ne prova nell'intimo del Suo Spirito? L'orrore che ne sente? La nausea, il disprezzo che ne
risente? Ed avendoli presi tutti sul Suo dorso, nessuno eccettuato, questa immensa mole
Lo schiaccia, L'opprime, Lo abbatte, Lo prostra: ed Egli sfinito geme sotto il peso della
giustizia divina, dinanzi al Padre Suo che volge la faccia pronto a colpirLo, quale
maledetto, in tutto il suo furore.
Vorrebbe scuotere da Sé questa immensa mole che Lo schiaccia. Vorrebbe scaricarsi di
questo peso orrendo che lo fa rabbrividire... La sua purezza stessa Lo respinge... Lo
sguardo medesimo irritato del Padre, che Lo abbandona in queste acque limacciose e
putrefatte di colpe onde Lo vede rivestito: tutto concorre nel Suo Spirito a sospingerlo, a
ritirarsi dall'amara passione. La natura lotta con se stessa. Tutto consiglia a scaricarsi di
queste nefandezze, declinandone la mediazione. Ma il riflesso della giustizia non
suffragata, il peccatore non riconciliato, predomina nel Suo Cuore pieno d'amore.
Queste due forze, questi due amori, l'uno più santo dell'altro se ne disputano nel Cuore del
Salvatore la vittoria. Chi prevarrà? Non v'è dubbio che Egli vuol dare la vittoria alla
giustizia offesa. Questa primeggia su tutto e questa vuole che trionfi. Ma quale figura Egli
deve rappresentare? Di uomo lordo di tutte le brutture dell'umanità. Lui, la santità
sostanziale, vedersi bruttato, sia pure in semplice apparenza, di peccato? Questo no.
Questo Lo terrorizza, questo Lo spaventa, questo Lo atterrisce.
E come per trovare la soluzione del duro compito, ricorre alla preghiera. Prostrato dinanzi
alla Maestà del Padre Suo: «Padre, Gli dice, passi da Me questo calice». Come se avesse
voluto dire: Padre mio, voglio la Tua gloria; voglio che la Tua giustizia sia pienamente
soddisfatta. Voglio che l'umana famiglia sia con Te riconciliata. Io che sono la stessa Tua
santità, vedermi bruttato di peccato, ah! questo no. Passi dunque, passi da Me questo
calice, e Tu, cui tutto è possibile, trova nei Tuoi infiniti tesori della Tua Sapienza altro
mezzo. Ma se questo non lo vuoi: « Non la Mia, ma la Tua Volontà sia fatta!».
IV
La preghiera del Salvatore anche questa volta rimane senza il suo effetto. Egli si sente
morire: a stento si leva dalla preghiera per andare in cerca di conforto, si sente debilitato
di forze e barcollante ed ansante muove i Suoi passi verso i Suoi discepoli. Li trova di
nuovo addormentati. Per questo Egli si rattrista più intensamente e si contenta soltanto di
svegliarli. Quale confusione dovette assalirli! Gesù però nulla dice loro questa volta, solo
parmi vederlo immensamente più triste. Egli tiene tutta per Sé l'amarezza ed il dolore di
quell'abbandono, di quella indifferenza e pare che col Suo silenzio compatisca la
debolezza dei suoi.
O Gesù, quanta pena io leggo nel Tuo Cuore già pieno ed esuberante di ambascia. Ti veggo
ritrarti dai tuoi discepoli si accorato. Ah! se io potessi sollevarti e darti un po' di conforto...
Ma io non sapendo far altro piango accanto a Te... Le lagrime del mio amore per Te e del
mio dolore per i miei peccati, conscie di tanto Tuo penare, si uniscano con le Tue e possano
esse salire al trono del Padre e piegarlo a misericordia verso di Te e di tante anime che
dormono ancora il sonno del peccato e della morte.
Gesù ritorna ancora al suo luogo di preghiera afflitto, accasciato, e cade a terra, più che
prostrarsi; un'angoscia mortale Lo strazia ed Egli più intensamente prega. Il Padre tiene
volto altrove lo sguardo, come se fosse l'uomo il più abbietto.
Parmi di sentire tutti i lamenti del Salvatore. Oh! almeno l'uomo, per il quale Io agonizzo
e per il quale Io sono pronto a tutto abbracciare, mi fosse grato, mi ricompensasse con
amore tanto mio penare per lui. Valutasse la preziosità del prezzo col quale Io mi accingo
a ricomprarlo dalla morte del peccato per dargli la vera vita dei Figli di Dio! Ah... L'amore
che dilania il mio Cuore, più che i carnefici dilanieranno le mie Carni!... Oh! no, Egli vede
l'uomo, che non sa, perché non vuole, trarne profitto. Bestemmierà ancora questo Sangue
divino e più irreparabile ed inescusabile ne diverrà la sua perdita. Solo pochi ne trarranno
profitto ed i più corrono egualmente la via della perdizione! E sotto l'estrema ambascia
del Suo Cuore lacerato va ripetendo: «Quae utilitas in Sanguine Meo?»... E ricade
affranto.
Ma ancora questi pochi spingono il Suo Cuore a restare sul luogo del combattimento, ad
affrontare tutte le pene ed i dolori della Sua passione e morte, per conquistare loro la palma
della vittoria!... Egli non ha più dove rivolgersi per trovar conforto, il Cielo è chiuso per
Lui!... L'uomo che pur giace morente, sotto il cumulo delle sue colpe, indifferente, ingrato,
disconosce l'amore Suo per lui!... Egli versa in mortale agonia, l'amore Lo dilania e Lo
martoria!... Il Suo Volto è tinto di mortale pallore, i suoi occhi languidi, una tristezza
indefinibile Lo invade tutto. «La mia anima è triste fino a morirne».
Con quali accenti di smisurato dolore pare che io ascolti dal Tuo labbro, o Gesù, queste
Tue parole!... Esse svelano una tristezza profonda, che parte dall'intimo del Tuo spirito!Il timore Lo scuote, Lo fa tremare tutto, un'ambascia di morte L'opprime!... La nausea del
puzzo di tante colpe Lo rivolta tutto, una noia intensa invade l'anima Sua!... «L'anima mia
è triste a morirne». O Gesù, mio mallevadore generoso, come mi scendono direttamente
nel cuore queste Tue parole! Oh, se potessi io sollevarti e sostenerti! O Gesù, la
contemplazione di tanti Tuoi martirii mi fa piangere accanto a Te.
Gesù, Gesù! Oh, ... Egli più non ascolta il mio grido! L'amore lo rende carnefice di se
stesso. Egli è svenuto a terra, dal Suo Volto, dalla Sua Persona tutta, scorre sangue fino a
bagnare la terra. Dapprima io Lo vedo a grandi gocce emettere dai Suoi pori, poi
riunendosi scorrere dalla Sua persona come rivoletti a terra. Non più col Volto a terra Egli
è, ma con le mani giunte distese, le braccia rilasciate lunghe a terra, gettato sul fianco
sinistro, tutto disteso, in mortale abbandono, col Volto e la persona del Suo Sangue, il
Volto ne è tutto intriso, gli occhi semichiusi e quasi spenti, la bocca semiaperta, il petto,
prima ansante, ora affievolito, or quasi del tutto cessato di battere.
Gesù, adorato Gesù, ch'io muoia accanto a Te! Gesù, il mio silenzio contemplativo,
accanto a Te morente, è più eloquente... Gesù, le Tue pene penetrano nel mio cuore ed io
mi abbandono accanto a Te, le lagrime si disseccano sul mio ciglio ed io gemo con Te,
per la causa che a tale agonia Ti ridusse e per l'intenso infinito Tuo amore, che a tanto Ti
sottopose!
Sangue divino, spontaneamente Tu stilli dal Cuore amante del mio Gesù, la piena del
dolore, l'amarezza estrema, la lotta accanita, ch'Egli sostiene, Ti sospinge da quel Cuore
trasudando dai Suoi pori, scorri a lavare la terra!... lascia che io Ti raccolga, Sangue
Divino, specie questo primo; io Ti voglio custodire nel calice del mio cuore. E' la prova
più convincente che solo unicamente l'amore Ti ha tratto dalle vene del mio Gesù, voglio
con Te purificarmi e purificare tutti i luoghi contaminati dal peccato, voglio offrirti al
Padre.
E' il Sangue del Suo Figliolo prediletto, ch'è sceso a purificare la terra, è il Sangue del Suo
Figlio UomoDio che ascende al Suo Trono a placare la Sua giustizia irritata per le nostre
colpe. Egli è sovrabbondantemente soddisfatto...
Che dico?... Se la giustizia del Padre è soddisfatta, non è sazio Gesù di soffrire; no, Gesù
non vuole fermare così la profusione della Sua carità per essi.
L'uomo deve avere la prova infinita dell'amore Suo, deve vedere fino a quale ignominia
Lo farà giungere... Deve riconoscere che la Sua Redenzione è stata abbondante. Se
l'infinita giustizia del Padre misura l'infinito valore del Suo Preziosissimo Sangue ed è
soddisfatta, l'uomo invece deve toccare con mano che il Suo amore non è sazio di patire
per lui e non si arresta, ma prosegue fino all'estrema agonia sulla Croce, fino alla morte
ignominiosa su di essa...
L'uomo, forse tutto spirituale, può valutare, almeno in parte, l'amore che spontaneamente
Lo riduce all'agonia qui nell'Orto, ma chi vive dedito agli affari materiali, aspirando più almondo che al Cielo, deve vederlo ancora nell'esterno agonizzare e morire svenato per lui,
su di una Croce, per scuotersi alla vista di quel Sangue, di quelle agonie strazianti.
No, non è soddisfatto il Suo Cuore amante!... Egli ritorna in Sé, prega ancora una volta:
«Padre, se Tu non vuoi che questo calice passi senza che Io lo beva, non la Mia, ma la Tua
volontà sia fatta». Ormai Gesù risponde al grido amoroso del Suo Cuore, al grido
dell'umanità che per essere redenta Gli grida morte. Alla sentenza di morte, che pronuncia
il Padre contro di Lui, il Cielo e la terra Lo vogliono morto... e Gesù china la testa adorabile
rassegnato. «Padre, se Tu non vuoi che questo calice passi senza che Io lo beva, sia fatta
la Tua volontà...».
Ecco che il Padre invia un Angelo, un Angelo messaggero per confortare Gesù. Quali
motivi di conforto, di sollievo presenta l'Angelo al Dio forte, padrone dell'universo,
invincibile, onnipotente!... Ma Egli s'è fatto passibile, le nostre debolezze ha preso sopra
di Sé, è l'uomo che soffre e che agonizza, è il miracolo del Suo amore infinito che Lo fa
sudar Sangue e Lo riduce all'agonia. La sua preghiera al Padre ha due motivi: uno per Sé,
l'altro per noi. Il Padre non Lo esaudisce per Sé, ma Lo vuole morto per noi. Credo io che
l'Angelo si inchini riverente dinanzi a Gesù, a questa Eterna Bellezza ora ricoperta di
sangue e di polvere e con deferente onore Gli appresti quel conforto di rassegnazione ai
Divini Voleri, supplicandolo per la gloria del Padre ed in nome dei peccatori tutti di bere
quel calice che «ab aeterno» s'era offerto di bere per la loro salvezza. Egli ha pregato, per
insegnarci ancora che quando l'anima nostra si trova in desolazione, come la Sua, solo con
la preghiera cerchiamo conforto dal Cielo.
Egli, nostra forza, sarà pronto a soccorrerci perché ha voluto portare sopra di Sé le nostre
miserie.
Sì, o Gesù, Ti tocca bere il calice sino alla feccia, ormai sei votato alla morte più
straziante!... Gesù, che niente valga a staccarmi da Te, né la vita, né la morte. Seguendoti
in vita, legato a Te appassionato, mi sia dato spirare con Te sul Calvario, per ascendere
con Te nella gloria; seguire Te nelle tribolazioni e persecuzioni, per essere fatto degno un
giorno, di venirti ad amare alla svelata gloria nel Cielo, per cantarti l'inno del
ringraziamento per tanto Tuo patire.
Ma ecco che Gesù si leva da terra, forte ed invincibile, quale leone in battaglia, ecco ora
quel Gesù, che anelante desiderava questo banchetto di Sangue «desiderio desideravi», si
ravvia le chiome scarmigliate, rasciuga il Suo Volto bagnato di sangue e forte e deciso si
avvia verso l'uscita dell'Orto.
Dove vai, o Gesù?... non sei Tu quel Gesù, ch'io vidi languire nell'anima in preda al terrore,
tedio, paura, abbattimento, desolazione, spavento?
Ch'io vidi tremare schiacciato sotto l'immensa mole dei mali, che erano per
sopraggiungerti?...Dove vai ora così pronto, risoluto, pieno di coraggio?... A che Ti esponi?... Oh! lo sento!
L'arma della preghiera Mi ha fatto vincere e lo spirito ha soggiogato a sé la debolezza della
natura; nella preghiera ho attinto forza ed ora posso tutto affrontare. Segui il Mio esempio
e tratta col Cielo con la medesima fiducia nel dolore come Io ho fatto. Gesù si avvicina ai
tre Apostoli; essi dormono ancora: l'emozione, l'ora tarda della notte, quel presentimento
di qualche cosa di angoscioso, di irreparabile che par si avvicini, la stanchezza li ha versati
nel sonno, quel sonno che opprime e che par impossibile potersene scuotere e che,
scuotendosene, ci si ricade senza saper come, tanto che Gesù li compatisce dicendo: «Lo
spirito è pronto, ma la carne è inferma».
Intanto Gesù ha sentito così al vivo questo abbandono dei Suoi che esclama: «Dormite e
riposatevi adesso» e si sofferma. A stento, al rumore dei passi di Gesù, con uno sforzo essi
hanno aperti gli occhi. Indi Gesù prosegue:
«Basta così; l'ora è venuta; il Figliuolo dell'Uomo sarà dato nelle mani dei peccatori:
alzatevi, andiamo. Colui che deve tradirmi è vicino».
Gesù tutto vede col Suo sguardo onniveggente, par che dica: Voi che siete miei amici e
discepoli dormite, ma i miei nemici vegliano e si danno da fare per prendermi. Tu, Pietro,
che ti sentivi forte di seguirmi fino alla morte, dormi! Sin da principio mi dai prova di
debolezza; ma stai tranquillo, della tua debolezza Io mi rivestii ed ho pregato per te,
ravvedutoti sarò la tua forza e pascerai i miei agnelli... Tu, Giovanni, tu pure dormi!... Tu
che poche ore fa, nell'estasi del mio amore per te, contasti i palpiti di questo Cuore, Tu
pure dormi?... Alzatevi; andiamo, non è più ora di dormire, il nemico è alle porte, è l'ora
della potestà delle tenebre, sì, andiamo. Io spontaneamente vò incontro alla morte. Giuda
si appressa per tradirmi ed Io mi avanzo con passo fermo e sicuro, nessun ostacolo
frapporrò al compimento delle profezie. E' giunta l'ora mia, l'ora di grande misericordia
per l'umanità...
Ed infatti si odono alcuni rumori di passi, una luce rossastra di torce accese penetra
attraverso le piante dell'Orto e Gesù, seguito dai tre discepoli, si avanza intrepido e
tranquillo.
O Gesù, comunica ancora a me la stessa forza, quando, nella previsione dei mali futuri, la
mia debole natura vorrà ribellarsi, ch'io affronti come Te e con serena pace e tranquillità
tutte le pene e travagli, che possa incontrare su questa terra di esilio; unisco tutto ai meriti
Tuoi, alle Tue pene, alle Tue espiazioni, alle Tue lagrime affinché cooperi con Te alla mia
salvezza e fugga il peccato, che fu l'unica causa che Ti fece sudare sangue e Ti ridusse a
morte.
Distruggi in me tutto ciò che non sia di Tuo gusto, e col fuoco santo della Tua Carità scrivi
nel mio cuore i Tuoi dolori e stringimi sì fortemente a Te, con un nodo sì stretto e sì soave,
ch'io non Ti abbandoni mai più nei Tuoi dolori; ch'io possa riposare sul Tuo cuore nei
dolori della vita, per attingere da esso forza e ristoro. Che lo spirito mio non abbia altra
brama che vivere al Tuo fianco nell'Orto e saziarsi nelle pene del Tuo Cuore; l'anima mia
s'inebria del Tuo Sangue e si cibi con Te col pane dei Tuoi dolori...Così sia.
(Tratta da: "Padre Pio da Pietrelcina MEDITAZIONI" Edizioni Casa Sollievo della Sofferenza
San Giovanni Rotondo Foggia 1991)
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